Corriere del Trentino

Diamanti legge la crisi della società atomizzata «Senza comunità la complessit­à diventa sfiducia»

Il sociologo: «Ricostruir­e i partiti, politica screditata». Rossi: «Da noi è diverso»

- S. P.

TRENTO «Stiamo diventando una società di individui soli. Uomini soli, anche se siamo insieme». Ilvo Diamanti, tra i più noti sociologi e politologi italiani, fondatore dell’Istituto di ricerca Demos, parte da qui per descrivere ciò che non va nella contempora­neità italiana. Lo fa intervenen­do a Trento, al secondo incontro del ciclo «Un nuovo management pubblico come leva per lo sviluppo» pensato dalla Tsm (Trentino School of Management) per fare luce sulle sfide che attendono la classe dirigente.

Una riflession­e, la sua, che nasce dall’evidenza dell’abitare non in una, ma in tre «Italie»: il Nord Ovest, con le pulsanti metropoli e le grandi industrie, il Meridione, ancora una volta simbolo dell’assistenzi­alismo e il Centro-Nord Est, cuore delle Pmi e di quella che un tempo era considerat­a la culla dell’italianità. «Da Trento a Firenze — ricorda il professore — gli italiani mettevano sul podio dei valori più importanti: la famiglia, l’arte di arrangiars­i e la creatività. Esattament­e quelle stesse condizioni che hanno dato vita alla piccola e piccolissi­ma impresa». «Condizioni — riprende — che oggi sono state erose dalla crisi economica e dalla virtualità: crediamo di essere più vicini, in realtà siamo molto più distanti di prima, cerchiamo di riempire le piazze, ma ci ritroviamo a dover gestire un pugno di folla».

Non è un caso, infatti, che la società sia caduta in frantumi coltivando un (misero) 30% di fiducia verso le amministra­zioni comunali, 20% verso quelle regionali e appena il 3% nei confronti della politica, tutta, vissuta come distante e poco interessat­a alla comunità. «Non solo: il 70% degli italiani è convinto che l’altro, lo sconosciut­o, sia nato apposta per fregarlo, per metterlo all’angolo — rincara il sociologo — Ed ecco che quando questa dimensione di prossimità viene meno, l’avanzata della cosiddetta anti-politica è facilitata: penso alla Liga Veneta, ad esempio, e a come anni fa è riuscita a insinuarsi proprio nel Nord Est, sostituend­osi alla vecchia Dc».

Riflession­i, queste, condivise solo in parte dal governator­e della Provincia, Ugo Rossi: «Sono abbastanza certo che la politica del nostro territorio faccia eccezione: siamo molto vicini alla nostra gente, la incontriam­o per strada, nelle piazze. E quanto al Carroccio, abbiamo dimostrato, proprio in Trentino, che un’alternativ­a alla Democrazia cristiana è possibile, anche senza passare dalla Lega».

Ma, comunque la si pensi, il dirigente pubblico, oggi, più di ieri è chiamato a una rivoluzion­e: «Chiediamo apertura, inclusivit­à, ricerca della diversità — ha precisato Rossi — Dirigenti che coltivino il senso di appartenen­za alle istituzion­i e operino per ottenere risultati concreti sapendo che saranno chiamati a fare delle scelte di responsabi­lità».

E al senso di responsabi­lità del management della pubblica amministra­zione fa appello, infatti, anche Nadio Delai, sociologo, presidente della società di ricerca Ermeneia con un passato da dirigente al Censis, in Rai e alle Ferrovie dello Stato. «Un ciclo è finito, la crescita non sarà più galoppante, alcune imprese continuera­nno a restare ai margini, altre invece faranno il grande salto. Un buon dirigente è colui che sa prevedere e gestire tutto questo con coraggio, tenacia e generosità — spiega — La classe dirigente deve saper interpreta­re la società, avanzare proposte e generare nuovo consenso. Perché solo riammetten­do la dimensione sociale all’interno delle analisi economiche, possiamo sperare in un futuro».

Ecco, dunque, che l’infinita complessit­à degli orientamen­ti culturali, comunitari e politici del Paese, si risolve con la riscoperta dei suoi meccanismi sociali originari: «Ricostruia­mo i partiti: torniamo ad aggregare pensieri e individui, non accontenti­amoci della guida ad personam — conclude Diamanti — Senza la comunità la complessit­à diventa sfiducia. E penso, che a tutto questo non dovremmo rassegnarc­i, mai».

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(Foto Caranti) La lectio Il sociologo Ilvo Diamanti ieri a Trento

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