DUELLO PER IL NUOVO SENATO UNA RIFORMA AL RIBASSO
Il governo guidato da Matteo Renzi sta riscrivendo la Costituzione. Nulla di sconvolgente: da tanti anni il nostro sistema parlamentare viene additato dai più come la causa numero uno di immobilismo del Paese. Il bicameralismo (quasi) perfetto sarebbe quindi il generatore principale di iter interminabili per leggi spesso scritte male e frutto di mediazioni estenuanti che talvolta snaturano il senso stesso della norma. La soluzione offerta dal ministro delle riforme Maria Elena Boschi è quindi di abolire il Senato elettivo e, pur tenendolo formalmente in piedi, ridurne i membri e attribuirgli funzione consultiva. Il governo ha tentato in tutti i modi di premere l’acceleratore sulla revisione del testo costituzionale, dimenticando un dettaglio: Renzi e i suoi ministri non si sono sottoposti ad alcun voto, salvo la fiducia del parlamento e, al netto dell’ostruzionismo, avrebbero forse dovuto mantenere toni meno aggressivi, evitando di additare chiunque avanzasse il minimo dubbio, inclusi insigni costituzionalisti, come gufi o disfattisti. Anche perché il governo ha optato per la mediazione sbagliata: stiamo mantenendo un Senato, con tutti i costi del caso pur ridotti, che prevedibilmente sarà composto da politici di lungo corso con altri incarichi — e relativi stipendi — all’attivo. Un Senato che avrà funzioni marginali, fatto da personaggi scelti in base alle solite lottizzazioni tra partiti, e che probabilmente sarebbe stato più utile affidare a un piccolo gruppo di tecnici. Piuttosto, si sarebbe potuto diminuire il numero di firme necessario
per richiedere un referendum, mandando il messaggio, al momento non pervenuto, che anche i cittadini contano ancora qualcosa.
Giuseppe Vincenzi
Caro Vincenzi,
il passaggio politico che sta animando le sedute parlamentari è molto rilevante. A mio avviso però si è perso di vista l’obiettivo principale: riammodernare la nostra Costituzione.
La riforma del Senato era stata presentata come un’occasione per snellire i tempi, evitando la doppia lettura degli atti legislativi e soprattutto per tagliare i costi della politica. In principio l’idea era di abolire totalmente il Senato, scelta coraggiosa e per quanto mi riguarda condivisibile. Poi è spuntata questa mini-riforma che non è né carne né pesce: la classica soluzione all’italiana.
Si è quindi persa l’ennesima occasione di rimettere in sesto il nostro sistema parlamentare. Gli interessi di bottega hanno prevalso sulla volontà di voltare pagina. Tale riforma, quindi, è una sorta di vorrei ma non posso, frutto di mediazioni giocate al ribasso. Il costituzionalista Roberto Toniatti, sulle pagine del Corriere del Trentino, è andato oltre, offrendo ai lettori una lucida analisi sulle ricadute trentine di una simile riforma. Ne è uscito un quadro alquanto preoccupante, ingarbugliato, dentro il quale la vecchia politica rimane purtroppo sempre protagonista.