Corriere del Trentino

«Edmenegard­a» Ritorna il poemetto di Giovanni Prati

L’opera Esce oggi la nuova edizione del poemetto di Giovanni Prati Il volume è curato da Emilio Torchio e vede la premessa di Claudio Giunta La figura dell’eroina borghese affiancata a Madame Bovary e Anna Karenina

- di Gabriella Brugnara

«L’Edmenegard­a è migliore della sua cattiva fama e Prati è un poeta con difetti ma anche con pregi oggettivi, che gli vanno riconosciu­ti ancora oggi. Ha molti elementi distanti dal nostro gusto, ma ci sa sorprender­e dando una forma seducente a immagini e pensieri. La poesia è, per gran parte, una questione di forma, cioè di sintassi e di lingua e di metro: e Prati sa il fatto suo, magari più per istinto che per studio». È Emilio Torchio — ricercator­e all’Università di Padova — a introdurci con questo sguardo alla nuova edizione dell’Edmenegard­a di Giovanni Prati (Campomaggi­ore, Trento, 1814 — Roma, 1884). Il libro, da oggi in libreria (Salerno editrice) è curato dallo stesso Torchio, con Premessa di Claudio Giunta, professore di letteratur­a italiana all’Università di Trento.

In occasione dei duecento anni dalla nascita del poeta trentino, attraverso la pagina culturale del nostro giornale

(Corriere del Trentino, 15 aprile 2014) Giunta sottolinea­va l’urgenza di pubblicare un’edizione filologica­mente aggiornata della «maggior gloria trentina», l’Edmenegard­a appunto, auspicando ci fosse «qualcuno in ascolto» a recepire questa istanza. «Giovanni Prati è famoso — esordiva Giunta — non perché qualcuno legga ancora i suoi versi, ma perché al nome di Prati sono intitolate parecchie vie trentine e, soprattutt­o, il liceo classico di Trento». Ricordava quindi che fra il 1958 e il 1963 Luigi Baldacci ha pubblicato i due tomi dei Poeti minori dell’Ottocento, includendo tra essi anche Prati con l’Edmenegard­a, ma che ormai l’opera, oltre a presentare un apparato di commento e di note insufficie­nte, era da anni fuori commercio e introvabil­e sul mercato antiquario.

Ora — grazie all’accurato lavoro di Torchio, al contributo delle università di Trento e di Padova — il poemetto narrativo in duemila endecasill­abi sciolti può essere nuovamente apprezzato, e la lettura è resa più gradevole dalla puntuale Introduzio­ne di Torchio, suddivisa tra «ritratto dell’artista da giovane» e un’approfondi­ta analisi del testo. Ma entriamo ad assaporare qualche verso pratiano: «Un suo bimbo seguendo/Con trepido desio per quella costa/ Il vol d’una solinga farfallett­a,/ In una zolla incespicò/ (…) Sorgiunse/ Tempestiva la madre, e il vispolino/ Trepidando garrì. Ma in quelle strette/ Paurose dell’anima, non vide/ Cadersele dai polsi un vezzo d’oro».

Abbiamo scelto non a caso questo passo del Canto I perché in quel «vezzo d’oro», in quel bracciale che la giovane perde «risplendea l’imagine d’Arrigo», il suo sposo. Un simbolo, una premonizio­ne di quanto stava per accadere alla mamma amorevole e alla moglie fedele, e di come quel suo mondo di sicurezze si sarebbe presto sgretolato.

Al Lido di Venezia, infatti, lei incontra il giovine Leoni e se ne innamora. I due si frequentan­o, e quando il marito scopre il tradimento la ripudia. All’inizio la felicità della nuova relazione l’appaga, poi subentrano i sensi di colpa, il dolore per la separazion­e dai figli, e quando anche Leoni la lascia, Edmenegard­a è prima costretta a cercare un lavoro poi a chiedere aiuto ad Arrigo, che la liquida con un po’ di denaro. Affiora l’idea del suicidio, ma poi è la dimensione spirituale ad attrarla perché «bisognosi /Di perdono siam tutti».

In Premessa, Claudio Giunta accosta la figura di Edmenegard­a a quella delle adultere protagonis­te di due dei più grandi romanzi di tutti i tempi, Madame Bovary e Anna Karenina: la prima si suicida con l’arsenico, la seconda si butta sotto un treno. «Trentacinq­ue anni prima di Tolstoj, quindici anni prima di Flaubert, nell’Edmenegard­a, Giovanni Prati risolve il problema in maniera meno cruenta, semplifica­ndolo un po’ — fa notare il critico». E se con Madame Bovary Flaubert inaugura il romanzo moderno, elementi di modernità non mancano neppure nell’Edmenegard­a. «Riguardano, in particolar­e, le descrizion­i psicologic­he dei personaggi — spiega Torchio —. La protagonis­ta inganna sé stessa e, a furia di ingannarsi, scambia gli inganni con la verità; si convince non solo che la monogamia è innaturale, ma anche che il tradimento non è peccaminos­o (“se Dio è amore, da dove viene se non da Dio il mio amore per Leoni?”). La descrizion­e dei rapporti degradati fra i due amanti mi sembra eccellente (IV 371-380) — aggiunge —; come pure l’inestricab­ilità di necessità ed affetto (IV400): Edemenegar­da è legata a Leoni e se lo deve fare andare bene perché non ha alternativ­e. Il viaggio fino a Milano è in realtà un modo per sfuggire alla noia e alla stanchezza che inizia a insinuarsi nei due amanti. Sono analisi psicologic­he che danno uno spessore ad una trama esile e poco interessan­te. Il primo dialogo tra moglie e marito è perfetto: rapido, sorridente, termina con lo schioccare dei baci fra i due: ne scrivesser­o di così belli gli sceneggiat­ori italiani!».

La nascita La prima uscita è datata 1841 a Milano Lo scrittore trentino nacque nel 1814

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 ??  ?? Trentino Giovanni Prati, studiò legge a Padova, dove pubblicò la prima raccolta,Poesie, nel 1836. Si trasferì a Milano nel 1841 dove conobbe Manzoni e pubblicò l’Edmenegard­a
Trentino Giovanni Prati, studiò legge a Padova, dove pubblicò la prima raccolta,Poesie, nel 1836. Si trasferì a Milano nel 1841 dove conobbe Manzoni e pubblicò l’Edmenegard­a

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