Sciortino: «È il peggior incubo»
Il sociologo: «Andarsene soli è insopportabile». Dorigatti: più sensibilità
TRENTO La vicenda è quella di Dario Celio, il 39enne morto in casa da 10 mesi e ritrovato dall’ufficiale giudiziario incaricato di eseguire lo sfratto. A cercare spiegazioni sono la politica e la sociologia. Perché la morte di quest’uomo, descritto dai vicini come una persona molto curata, ma riservatissima, apre più di un interrogativo. «Si tratta del peggiore incubo di ciascuno di noi — spiega il sociologo Giuseppe Sciortino, professore all’università di Trento — morire soli, dimenticati, abbandonati è un’idea insopportabile all’essere umano». Colpiscono più aspetti: «Non era un anziano, ma un giovane nel fiore degli anni — prosegue — Non viveva in un’area metropolitana: Susà di Pergine non è New York, i vicini si conoscono. Non era un senzatetto, ma una persona che si teneva e non era seguito dai servizi sociali». Certo, qualcosa di strano dietro quegli scuri sempre chiusi forse c’era. «Sì, un aspetto depressivo nel carattere. Ma ci sono molte persone che, pur con una lieve depressione, conducono una vita normale. E tra i depressi ci sono spesso anche persone che si trincerano in una solitudine volontaria. Non sappiamo se il suo fosse un isolamento desiderato, ma in quel caso forse nemmeno avrebbe voluto essere aiutato». Una questione anche di privacy, insomma? «Sì, questo evento potrebbe proprio trovarsi al confine tra il nostro desiderio di privacy e il nostro più terribile incubo. Mi spiego: nella nostra società, se ci chiudessimo in casa per tre giorni, non vorremmo che qualcuno venisse a cercarci. Tanto più noi trentini, che stiamo bene mantenendo i nostri spazi. Ecco, ciò che è accaduto rappresenta il lato oscuro del nostro desiderio di indipendenza».
Anche la politica si interroga. Lo fa il presidente del Consiglio Bruno Dorigatti che esprime il proprio cordoglio ai parenti: «Sembra impossibile che sia accaduto qui, nella nostra provincia, in una delle più vive frazioni di Pergine. È agghiacciante. Nessuno può rimanere impassibile. Il dramma della solitudine esiste anche in una comunità considerata coesa e solidale come la nostra». Un invito a «lasciarsi scuotere le coscienze, a essere più sensibili nei rapporti umani che vanno coltivati in ogni ambiente di vita e di lavoro» perché «è l’unico antidoto agli effetti della disgregazione sociale prodotta oggi dagli interessi individuali e dall’indifferenza».