Scola e il film altoatesino
La curiosità Nel 1972 il grande regista scomparso aveva girato a Castel Taufers «La più bella serata della mia vita» con Sordi e Simon tra i mostri sacri del cast
In queste ore, il mondo del cinema italiano e migliaia di cittadini stanno rendendo omaggio a Ettore Scola nella camera ardente allestita alla Casa del cinema di Roma. Il regista di Brutti, sporchi e cattivi di Una giornata particolare e de la Terrazza era un romano di origine montanare. Era nato il 10 maggio del 1931 a Trevico, cittadina dell’avellinese che sorge a oltre mille metri sul livello del mare e denominata Il
balcone dell’Irpinia. Ma tra i monti, seppur molto diversi, Scola, ha girato anche uno dei suoi film più sfortunati La più
bella serata della mia vita ambientato in Svizzera, per la precisione nel Castello de la
Brunetière che di elvetico però aveva pochino, visto che in realtà si trattava di Castel Taufers, il maniero che sovrasta Campo Tures.
Il film, girato nell’estate del 1972, aveva come protagonista assoluto Alberto Sordi, affiancato da alcuni mostri sacri del cinema francese, Michel Simon, Pierre Brasseur, Charles Vanel e Claude Dauphine. Per l’occasione, Sordi vestiva i panni di Alfredo Rossi, italiano medio fin dal cognome, che esporta valuta in Svizzera, ovviamente in maniera clandestina. Il protagonista, rimasto bloccato con la sua Maserati in una strada di montagna nel correre dietro ad una bionda in motocicletta (Janet Agren), finisce per essere ospitato in un castello di proprietà di un conte (Pierre Brasseur) che lo vuole coinvolgere in un «gioco» insieme ai suoi tre amici, tutti ex magistrati. Il resto della trama è ispirato al racconto La panne. Una storia ancora possibile” di Friedrich Dürrenmatt e vede Sordi processato, lui pensa per gioco, da questi strani anziani magistrati in pensione. Lungo tutto il film, Sordi finisce per rappresentare la tipica versione italiana del “self made man”, doppiogiochista e fanfarone, ma a differenza della realtà, il finale non prevedeva i tradizionali “tarallucci e vino”. Come si diceva, il film è stato probabilmente il più sfortunato della carriera cinematografica di Ettore Scola.
La critica non fu particolarmente tenera, il regista romano venne accusato di aver male utilizzato i «grandi vecchi» del cinema francese, di aver girato un film «scaduto» ancor prima che uscisse e, soprattutto, di aver «snaturato» il finale della novella di Dürrenmatt. Ma le critiche non lo colpirono più di tanto, visto che il film fu funestato da una vera e propria tragedia: il 16 agosto, mentre si stavano girando le scene finali del film, Pierre Brasseur venne stroncato da un infarto mentre si trovava a un tavolino del bar dell’Hotel Posta di Brunico. Stava parlando con la sua segretaria, Katia Marcelli, che sui giornali dell’epoca ricordò così quei momenti: «Sembrava tranquillo, osservava la gente passeggiare. D’un tratto l’ho visto impallidire, si è tolto gli occhiali, ha cercato di dirmi qualcosa ma non c’è riuscito». Ogni tentativo di rianimarlo risultò inutile, mancavano pochi giorni alla conclusione delle sei settimane di riprese del film e per le poche scene finali venne usata una controfigura. Nel giorno successivo alla morte, la televisione francese modificò i palinsesti serali per trasmettere i migliori film interpretati da Brasseur, così come ha fatto ieri, la televisione italiana per omaggiare Ettore Scola, maestro del cinema dalla «dolorosa comicità».