Grave errore liquidare la Regione
Sembrava che gli scontri tra i partiti che hanno contraddistinto la scena politica degli ultimi tempi fossero superati e archiviati come dei malintesi. Sbagliato, essi invece permangono investendo gli assetti fondamentali dell’autonomia speciale del Trentino Alto Adige.
Guardiamo a quanto è accaduto nel mese di febbraio. I senatori del centrosinistra autonomista della regione, presentano un disegno di legge che sconvolge l’impianto dello Statuto vigente. Ai consigli regionale e provinciale viene tolta la potestà di deliberare l’impugnazione di leggi statali violatrici dell’autonomia davanti alla Corte costituzionale. Ma c’è altro: finisce in discussione la ragion d’essere stessa della Regione. L’istituzione viene privata, in favore delle Province, di potestà legislative fondamentali come quella sull’ordinamento degli enti sanitari e ospedalieri e quella, ancor più rilevante, della potestà primaria in materia di ordinamento dei comuni, delle loro circoscrizioni e degli enti locali in generale.
Le motivazioni di una proposta che verrebbe a cambiare gli equilibri faticosamente raggiunti nel corso di un travaglio politico e costituzionale durato mezzo secolo, sono contenute in due paginette scarse. Limitandoci alla proposta di esproprio delle potestà regionali in materia di enti locali, i senatori proponenti affermano che, poiché in determinati campi la normativa è differenziata per Province, tanto vale attribuire a queste l’intera materia. Secondo tale logica lo Statuto speciale dovrebbe essere abrogato e sostituito da due Statuti provinciali. D’altronde è quello che il senatore Zeller e parte della Svp rivendicano da molto tempo. Se attuata, la controriforma avrebbe conseguenze devastanti per il tessuto democratico del Trentino Alto Adige. Già ora i comuni sono schiacciati dalle Province, se un domani avessero anche la padronanza sull’intero ordinamento — esercitata finora in modo proficuo e rispettoso dalla Regione — la salvaguardia delle autonomie locali potrebbe scadere a una livello caricaturale.
Particolarmente allarmanti potrebbero poi essere le conseguenze in un’area contrassegnata dal pluralismo etnico come quella della provincia di Bolzano, e dalla presenza di comuni a maggioranza italiana (Bolzano in primis) in un territorio dove la grande maggioranza della popolazione, e dei municipi, è di lingua tedesca. L’idea di trasferire gli enti locali a un’assemblea provinciale in cui una quota vicina al 40% della popolazione di lingua tedesca (e più di un quarto dei consiglieri provinciali) rivendica la secessione dall’Italia, avrebbe dovuto indurre i senatori italiani, firmatari del progetto, a un supplemento di riflessione. La presentazione di tale disegno di legge ha quindi provocato fratture tra le forze politiche e al loro interno. Non solo, ha trasformato una crisi politica in crisi costituzionale. È assodato che la maggioranza del Consiglio provinciale di Trento, compresi i rappresentanti del partito democratico, è contraria. Così come lo è la maggioranza del gruppo italiano in Alto Adige (e probabilmente anche quella del Consiglio regionale). La presentazione del disegno di legge è stata ufficialmente richiesta dal governatore trentino, nonché presidente di turno della Regione, la cui posizione risulta quindi in contrasto con quella degli enti che presiede. A complicare ulteriormente la situazione il muro contro muro tra il senatore trentino del Pd che ha sottoscritto il disegno di legge (Giorgio Tonini), e i consiglieri provinciali del suo partito che lo avversano. Tutto ciò mentre sono già in vigore le leggi provinciali di Trento e Bolzano che hanno istituito organi di consultazione popolare relativi alle riforme da introdurre nello Statuto regionale. Adesso la parola passa al popolo di questa regione che dovrà pronunciarsi innanzitutto sui contenuti di un disegno che prevede la definitiva liquidazione della Regione. Sottovalutare l’importanza di tale passaggio sarebbe un grave errore.