Crac Manzardo Iva non versata per 700.000 euro
Il fallimento Manzardo finisce davanti al giudice. Imputato irreperibile
Avrebbe evaso l’Iva per 700.000 euro. È l’accusa mossa a Christopher Martyn Meade, 70 anni, rappresentante legale dell’azienda bolzanina dichiarata fallita il 20 ottobre 2011 dal giudice Francesca Bortolotti. Mercoledì si è aperto il processo a carico dell’ex amministratore che è residente a Londra, ma al momento risulta irreperibile. Il giudice ha quindi disposto la ricerca dell’imputato.
BOLZANO Si è aperto in Tribunale a Bolzano il processo a Christopher Martyn Meade, 70 anni, ex legale rappresentante della Manzardo, l’azienda bolzanina dichiarata fallita il 20 ottobre 2011 dal giudice Francesca Bortolotti. Meade è accusato di evasione fiscale per non aver versato 700.000 euro di Iva. L’ex amministratore dell’azienda specializzata in termosanitari — 36 punti vendita in Italia e 80 fra Trento e Bolzano, per 350 dipendenti fra Bolzano, Trento, Rovereto, Arco, Cles, Varna, Brunico e Bronzolo — deve rispondere di questo omesso versamento in quanto socio unico della Hadleigh Partners Ltd, società con sede a Londra che il 16 febbraio 2011 aveva acquisito per due milioni di euro l’intero capitale sociale della Manzardo, accollandosi i debiti per reinvestire nell’azienda. Una promessa finita però in un nulla di fatto, poiché pochi mesi dopo il fallimento divenne ufficiale e i lavoratori finirono sulla strada.
Meade, residente a Londra, avrebbe dovuto comparire mercoledì davanti al giudice Carlo Busato. Tuttavia, non avendo mai eletto domicilio in Italia, risulta allo stato irreperibile. Secondo la legge italiana per poterlo processare è necessario tuttavia che l’imputato sappia del procedimento a suo carico. A Busato non è rimasto dunque altro da fare che disporre la ricerca dell’ex legale rappresentante della Manzardo. Il processo partirà solo una volta avuta la certezza che Meade ne ha ricevuto notizia.
L’accusa nei confronti di Meade — evasione fiscale per omesso versamento Iva per 700.000 euro — è quanto rimane delle indagini condotte per cercare di ricostruire i passaggi che hanno portato al fallimento dell’azienda. Al termine della ricognizione dello stato passivo — quattromila i creditori quantificati — la giudice fallimentare Bortolotti aveva infatti girato copia della documentazione al vice procuratore Markus Mayr, che si era assunto il compito di verificare eventuali condotte fraudolente che avevano contribuito al fallimento della società. L’indagine si era rivelata subito di grande difficoltà, poiché negli anni immediatamente precedenti al fallimento la società era passata più volte di mano. Acquista nel 1999 dal gruppo inglese Wolseley, Manzardo era poi passata sotto il controllo della Bourbon Building Materials Inc, con sede alle Bahamas. Anche di quest’ultima l’amministratore era Martyn Meade. Alla fine Manzardo Spa era finita dunque in mano a una società con sede in un paradiso fiscale, ove però non risultano conferiti capitali.
Crac doloroso Quattromila creditori L’azienda era passata di mano finendo in un paradiso fiscale