L’ATENEO COLTIVA IL PENSIERO LIBERO
Oggi conta più come si studia di quello che si studia. L’università non pensa solo al mondo del lavoro, ma a formare persone autonome, in grado di pensare.
L’editoriale di Isabella Bossi Fedrigotti apparso sul Corriere del Trentino il 23 marzo scorso sostiene una tesi largamente condivisibile: quando un neodiplomato sceglie l’università dovrebbe guardare più alla propria passione, alla propria vocazione che a calcoli relativi alla spendibilità del titolo di laurea sul mercato del lavoro.
Oggi conta più come si studia di quello che si studia e occorrerebbe superare la contrapposizione tra materie scientifiche e umanistiche, in quanto il vero vantaggio è dato dagli studi multidisciplinari che consentono di cogliere la complessità e la mutabilità del mondo contemporaneo. Si potrebbe aggiungere che gli studi universitari non sono pensati solo per preparare all’inserimento nel mercato del lavoro, ma a formare persone autonome, in grado di pensare da sé ed elaborare un pensiero critico. Una società più colta è una società più sana, libera e democratica.
Tuttavia è indubbio che gli studenti si comportino e orientino le loro scelte riflettendo anche sulle prospettive di lavoro. Nelle righe di Isabella Bossi Fedrigotti si prende le mosse dal fatto che «mentre si riempiono fino all’inverosimile […] le facoltà di ingegneria, economia, giurisprudenza, si svuotano quelle di storia, lettere, filosofia, geografia, matematica». Forse la giornalista si riferiva al panorama locale e non a quello nazionale.
Da professore di diritto che si è recentemente occupato, per ragioni istituzionali, di interrogare i numeri relativi alle immatricolazioni ai corsi giuridici, posso testimoniare che il corso di laurea magistrale a ciclo unico (di cinque anni) del dipartimento di Giurisprudenza dell’Università di Trento è uno dei pochissimi in Italia a registrare negli ultimi anni una crescita.
Mentre l’università tutta nell’ultima decade ha perso il venti percento degli immatricolati, i corsi di studi giuridici si sono ridotti di un terzo. Non è un fenomeno che caratterizza solo il Sud, area del Paese che notoriamente sta soffrendo maggiormente della fuga dall’università, ma anche storiche e prestigiose sedi del Centro e del Nord. Persino la timida ripresa del numero di immatricolazioni nell’ultimo anno accademico non riguarda i corsi di diritto.
La crisi degli studi giuridici è un dato evidente, la cui cause sono ancora da approfondire. Di sicuro le lauree nelle materie giuridiche dovrebbero investire di più sul come si studia e sulla multidisciplinarietà come si è provato a fare Trento, raccogliendo un positivo riscontro.