PASQUA DI PAURA DOBBIAMO VINCERE
La Pasqua quest’anno è sotto il segno della paura, che il terrorismo internazionale vuole diffondere. Essa non è però del tutto aliena al messaggio della Pasqua.
La Pasqua di quest’anno sta decisamente sotto il segno della paura. La paura che il terrorismo internazionale vuole diffondere tra di noi non è però del tutto aliena al messaggio della Pasqua.
Nella passione di Gesù vengono infatti a culminare diverse paure: il timore dei dottori della Legge che lui potesse sovvertire la religione dei padri, il panico che prende Erode e Pilato in quanto temono una sollevazione popolare, l’ansia dei discepoli di poterci rimettere la vita. Di Gesù stesso ci raccontano i Vangeli che nel Getsemani sudò sangue e pregò il Padre di risparmiargli quel calice. Persino uno dei ladroni appeso vicino a Gesù mostra se non paura almeno timor di Dio, rispetto all’innocente al suo fianco, e riceve da Gesù la promessa: «Oggi sarai con me in Paradiso».
Le ultime due frasi di Gesù prima di morire sono eloquenti. «Dio mio, Dio mio: perché mi hai abbandonato?». Anche Lui, da uomo profondamente credente, si stupiva di veder sovvertito quando fissato nella religione di Israele, ovvero che Dio premia i buoni e punisce i malvagi.
Come spiegare tale visione da catechismo, mentre si pende ingiustamente dal legno del patibolo? In realtà anche queste parole contengono — paradossalmente — un messaggio di speranza. Quando un ebreo enunciava le prime espressioni di un salmo, intendeva infatti affermarne l’intero contenuto. E nel salmo 22 di cui Gesù recita le prime parole, al verso 31 si legge: «Ma io vivrò per Lui, lo servirà la mia discendenza». È uno di quei classici inni religiosi in cui l’orante sperimenta l’ascolto e l’intervento salvifico di Dio.
Anche la seconda e ultima espressione di Gesù è tratta da un salmo, il 31: «Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito». È questa l’eredità definitiva che Gesù ci lascia. Non parole di condanna per i suoi carnefici, che anzi fa oggetto del suo perdono perché «non sanno ciò che fanno», ma parole di radicale abbandono nelle mani di quel Padre Signore della vita e della morte, la cui volontà è che «tutti gli uomini siano salvi».
Questa eredità di Gesù si rivela ansiolitica anche per coloro che diventeranno suoi seguaci, così da permettere alle prime generazioni cristiane di guardare con fiducia nuova al fondo luminoso di quella tomba che da strumento di fine diventa simbolo di vita nuova. La morte è dichiarata sconfitta, il progetto di Dio di una vita senza fine per la creatura «a sua immagine e somiglianza» viene dichiarato «compiuto» dallo stesso Gesù.
Solo mediante la fede nella risurrezione si possono spiegare le schiere di martiri che hanno caratterizzato i primi secoli cristiani, ma sempre più anche il nostro tempo. Martire significa testimone, persona che attesta la credenza nella vita oltre la vita, in quella vita piena che a detta di san Paolo sta oltre «la scena di questo mondo».
Ai nostri tempi della morte non hanno paura persone indottrinate, cui viene inculcata una falsa ideologia che nulla ha a che vedere con la vera fede dell’Islam, secondo la quale chi distrugge le creature di Dio non è un martire bensì un bestemmiatore che si oppone alla sua volontà. Allora ancora una volta vediamo come le credenze religiose vadano diffuse nella loro autenticità, non lasciando spazio a deviazioni che possono rivelarsi fonti di pericoloso fanatismo.
Noi europei non dobbiamo lasciarci accecare dalla paura e reagire a certi atti violenti con un incremento di violenza. Dobbiamo renderci conto che «non sanno ciò che fanno» e dobbiamo sostenere ogni sforzo per smascherare le radici ideologiche marce di certe azioni. «Chi uccide innocenti non è un martire» tuonava anni fa alla Mecca durante il grande pellegrinaggio lo sceicco Al Tantawi, rettore dell’Università Al-Hazar del Cairo. E infine non dobbiamo tanto chiederci perché Dio permetta tali avvenimenti, ma invocarlo affinché accolga giusti e malvagi, dando a ciascuno il frutto delle proprie azioni.
Con questa speranza, auguro buona Pasqua a tutti i lettori del Corriere.