Corriere del Trentino

«Rifondare il sistema dei partiti»

Ianeselli (Cgil) trattiene il vicepresid­ente: «Con lui abbiamo lavorato bene»

- di Tristano Scarpetta

Il Trentino è anomalo rispetto al resto d’Italia, ma fino a un certo punto. Se la fiducia nei confronti delle «istituzion­i», anche nazionali, è sensibilme­nte più alta che nel resto d’Italia e, in alcuni casi, anche più alta della media europea, la fiducia nei partiti è prossima allo zero ed esattament­e in linea con il resto del Belpaese. Il segretario della Cgil, Franco Ianeselli, parte dallo studio condotto da Tsm (Trentino School of Managment) su un campione di 900 trentini per una consideraz­ione amara: «Il rischio è di una selezione al ribasso. Bene la fiducia nelle istituzion­i, ma se non si strutturer­à un nuovo sistema di partiti, la prospettiv­a è tutt’altro che rosea».

La fiducia dei trentini nei sindacati è bassa, anche se non molto inferiore alla media europea, ma molto più alta della media nazionale. Merito della coesione sociale?

« La coesione sociale del Trentino, frutto evidenteme­nte anche dell’impegno del sindacato, aiuta non c’è dubbio. Io, però, eviterei di bearmi del fatto che la consideraz­ione di cui godiamo noi sia superiore a quella nazionale. Il dato preoccupan­te è che, rispetto al resto d’Europa, la fiducia nei sindacati italiani sia così bassa. A livello locale, la mia idea è nota. Bisogna puntare al sindacato confederal­e unitario, imboccare una via chiarament­e riformista e saper dare risposte alle esigenze particolar­i, anche contrattua­li, di una terra autonoma».

In fondo alla classifica, poco dopo la stampa, troviamo i partiti. Un dato che potrebbe non stupire se non fosse l’unico caso in cui la sfiducia dei trentini è pari a quella del resto d’Italia. Basta l’onda nazionale a spiegarlo?

«Sicurament­e il clima nazionale incide, ma non sarebbe una risposta esaustiva. La fiducia per polizia e carabinier­i è altissima, più che nel resto del paese, lo stesso si può dire per la sanità, per il sistema scolastico, per la Chiesa. Superiore, anche se inferiore alla media europea, è pure la fiducia nella pubblica amministra­zione e perfino nel parlamento. Nel caso dei partiti circa due trentini su cento dicono di nutrire “molta fiducia”, esattament­e come nel resto d’Italia. Non c’è da stare allegri».

Anche perché la caratteriz­zazione territoria­le di alcuni partiti, in Trentino, è molto forte.

«Appunto. Io sono stato al congresso del Patt e mi è parso l’unico partito in senso stretto ancora presente in Trentino. Sembrava un congresso di altri tempi, con un reale desiderio di parlare al proprio interno e di rivolgersi alla comunità e questo ha dato i suoi frutti alle primarie. Poi c’è stato il caso Pedergnana ed è un po’ caduto il palco. Non si può selezionar­e così la classe dirigente».

Non si è innescato un circolo vizioso per cui, in un contesto politico screditato, tendono a emergere figure dal profilo modesto?

«Al di là del caso personale, è come se si fosse innescata una selezione dei peggiori. Siccome la politica è screditata, purtroppo i migliori se ne tengono a distanza e i peggiori emergono».

E il Pd?

«Mi pare evidente che avere il primo partito del Trentino in costante fibrillazi­one, incapace di elaborare una propria proposta politica riconoscib­ile non faccia bene né alla coalizione né alla comunità. Il confronto politico interno è stato a lungo rimandato, quando si è deciso di affrontarl­o, ci si è tenuti a distanza dai contenuti e si è parlato di nomi. Credo non si possa sfuggire dal fare i conti con la territoria­lità. Affidarsi all’onda nazionale funziona finché dura l’onda, ma se domani l’astro di Renzi si offuscasse quale proposta resterebbe ai trentini?».

E Olivi? Come vede un possibile addio alla giunta?

«Il modello di concertazi­one sociale in Trentino dura da vent’anni e come non ha bisogno di me segretario della Cgil, non ha bisogno nemmeno di un assessore particolar­e. Noi ce la faremo lo stesso, ma non nascondo che con Olivi abbiamo lavorato molto bene in questi anni. Diverso forse sarebbe per le categorie economiche, che temo avvertireb­bero una cesura forte».

Ha evocato la concertazi­one. Quella con l’attuale giunta, superato il giro di boa, come sta andando?

«L’attuale giunta ha fatto tante cose buone, in particolar­e capendo che la crescita economica deve andare di pari passo alla coesione sociale. Non mi è però abbastanza chiaro quanto, a parte il trilinguis­mo, si creda ancora nella conoscenza e nell’università come leve strategich­e di sviluppo. C’è poi un atteggiame­nto che non ci è piaciuto: quando si trova un accordo, lo si rispetta. Faccio tre esempi. Il primo risale alla Finanziari­a: si fa un patto sugli sgravi fiscali e, all’ultimo minuto, ci si aggiunge un pezzettino. Perché? Non basta accontenta­re la categoria economica che urla di più per far crescere l’economia trentina, occorre una strategia. Secondo: se si fa un patto per noi difficile sulla revisione del contratto dei centri di formazione profession­ale pubblici per mantenere uniformità con quelli privati e all’ultimo si cede alle richieste di un privato, dove sta la concertazi­one? Terzo: se il sindacato si impegna sul progetto Sanifonds con la promessa che sarà sostenuto da Pensplan e poi la Regione decide che Pensplan non c’è più, si pone una questione di affidabili­tà. Il nodo con l’attuale giunta è quello dell’affidabili­tà».

Il livello di fiducia nei movimenti è basso È giusto preoccupar­si La giunta Rossi? Ha fatto cose buone ma c’è un problema di affidabili­tà

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