Fibromialgia, una malattia che colpisce 10.000 trentini
Sono oltre 10.000 i trentini affetti da questa patologia reumatica. Colpite di più le donne degli uomini Paolazzi: «Eziologia sconosciuta, serve una terapia integrata». Individuato un percorso diagnostico
Sono oltre 10.000 i trentini affetti da fibromialgia, una patologia reumatica ancora sconosciuta. Dolore diffuso, stanchezza al risveglio, difficoltà a dormire, cefalea e disturbi d’ansia: sono questi alcuni dei sintomi della malattia, che non ha una cura specifica. «Serve una terapia integrata» spiega Giuseppe Paolazzi, primario dell’unità operativa reumatologa dell’ospedale Santa Chiara. Colpite più le donne degli uomini.
TRENTO Dolore diffuso, stanchezza al risveglio, difficoltà a dormire, cefalea e disturbi d’ansia. Sono sintomi piuttosto diffusi che possono indicare problematiche diverse, ma quando il dolore muscolare scheletrico è diffuso e persistente per oltre tre mesi, diventa cronico, e il quadro clinico indica più fatto ridi disturbo, può trattarsi di fibromialgia. Una sindrome tanto diffusa quanto sconosciuta che rientra nella famiglia delle malattie reumatiche.
Riconosciuta dall’ Organizzazione mondiale della sanità nel 1992 è una malattia che ancora oggi non ha un preciso inquadramento eziologico, non si conoscono le cause precise, ma è una sindrome che colpisce il 2,5% della popolazione. In termini numerici in Trentino sono oltre 10.000 i cittadini che soffrono di questa patologia, soprattutto donne con un picco di incidenza tra i quaranta e i sessant’anni e un rapporto di nove a uno rispetto ai maschi. «Possono soffrirne anche i maschi e, più raramente, gli adolescenti, ma è più diffusa tra le donne» spiega il primario dell’unità operativa reumatologa dell’ospedale Santa Chiara, Giuseppe Paolazzi. «La fibromialgia — precisa— è una sindrome dolorosa cronica, ad eziologia sconosciuta, fortemente correlata allo stress e caratterizzata da un dolore muscolo scheletrico diffuso e dalla presenza di 11 punti dolorosi su 18 individuati in corrispondenza di specifiche sedi tendinee e muscolo scheletriche e da una varietà di sintomi clinici come l’astenia, il sonno non ristoratore e sindromi disfunzionali a vari apparati. Solitamente si parla di più punti dolorosi. Tra i disturbi ci possono essere anche colon irritabile, difetto di concentrazione e depressione». La diagnosi è clinica, non ci sono infatti dei test o degli esami specifici e non c’è neppure una causa precisa.
«Si pensa sia fortemente correlata a problematiche stressanti — chiarisce il primario — a traumi fisici o psicologici che in un soggetto predisposto possono dare vita a queste disfunzioni. Spesso i pazienti affetti da fibromialgia prima di scoprirlo si sottopongono a mille esami con conseguenze importanti sulla loro vita anche da un punto di vista psicologico.
Per individuare la sindrome serve una diagnosi differenziale; i disturbi, infatti, sono molto simili anche ad altre malattie, quindi si deve procedere per esclusione». Le persone affette da questo tipo di malattia vivono un continuo disagio legato alla presenza costante del dolore senza una causa organica apparente, spesso non vengono creduti o compresi fino in fondo e questo può aumentare il senso di ansia e gli stati depressivi. «È un problema reale — continua Paolazzi — e va governato in maniera efficiente ed efficace cercando di dare una risposta a questi pazienti. Le risonanze, le radiologie vengono fatte solo a scopo di ricerca, ma non sono significative per la diagnosi».
Ma quali sono i principali fattori di rischio? «Come detto c’è sempre una componente genetica, poi il sesso femminile (colpisce soprattutto donne), determinate malattie come l’obesità o altre patologie importanti, fattori ambientali o stressanti». La fibromialgia ha un fortissimo impatto sulla qualità di vita, il paziente ha difficoltà nella vita sociale e familiare e ci sono forti ripercussioni anche sul piano economico, visto che il malato tende a sottoporsi a numerosi esami prima di arrivare a una diagnosi. Non esistono farmaci specifici risolutivi, ma c’è una terapia, non prettamente farmacologica, che permette al paziente di tornare a una vita il più possibile normale. Il Trentino è la prima provincia in Italia dove è stato individuato un percorso diagnostico terapeutico per il quale Piazza Dante ha deliberato l’esenzione del ticket, non da uno specifico farmaco o esame, ma da tutto il percorso che coinvolge il reparto di reumatologia, così come lo psicologo. Il percorso è stato elaborato da Reumatologia di Trento in collaborazione con la psicologica clinica, il dipartimento di Medicina Fisica e Riabilitazione, gli ambulatori di terapia antalgica di Borgo, Rovereto e Trento. Il dottor Paolazzi parla di una «terapia integrata, in quanto trattare il dolore è sempre molto complesso e difficile».
In Trentino inizialmente è nato il progetto “Zefiro”, fortemente voluto dalla Associazione Malati Reumatici del Trentino (Atmar), aperto a tutte le persone con una malattia reumatica. È stato individuato un percorso con il reumatologo, lo psicologo clinico, il fisioterapista, i terapisti del dolore, per il controllo del dolore (anche con l’ausilio di farmaci che potenziano l’attività della serotonina); partecipano al progetto anche esperti di tecniche di mio rilassamento come il Tai Chi e tutti gli specialisti lavorano in stretta collaborazione con (Atmar). «Individuare un percorso — continua Paolazzi — è stato un passo avanti molto importante nell’iniziare un approccio strutturato verso questa sindrome spesso misconosciuta, negata, considerata solo come psichiatrica e quindi ampiamente sotto trattata e riversata sul paziente che ovviamente si sente escluso, non compreso, trattato come immaginario e quindi sempre alla ricerca di esami in grado di dimostrare e provare il suo dolore».