«Aborto, denatalità, chiusura etnica Ecco i mali locali»
Il prelato in duomo: «Timori sull’accoglienza». La preghiera per il successore Tisi
Aborto,
denatalità, chiusura etica, svalutazione delle vocazioni. Sono questi i temi affrontati dall’arcivescovo Luigi Bressan nell’omelia della messa di Pasqua.
TRENTO «Un calo di attenzione ai valori, una dispersione del senso comunitario, aborto e denatalità anche tra noi, una dimenticanza della dimensione eterna della vita, la trascuranza del fattore religioso, la tentazione di affidarsi al solo accumulo di beni materiali o di denaro, certe chiusure etnocentriche, la svalutazione delle vocazioni religiose e missionarie». Sono le situazioni che, in Trentino, preoccupano l’arcivescovo Luigi Bressan, intervenuto nell’omelia della messa di Pasqua nel duomo di Trento. Il prelato, in una delle ultime celebrazioni prima di lasciare l’incarico a don Lauro Tisi («Una preghiera per lui», dice) ha invitato i fedeli, nell’occasione delle festività pasquali, a non avere paura ma al contrario speranza.
Bressan ha presieduto nella cattedrale la veglia di Pasqua, amministrando i sacramenti dell’iniziazione cristiana (battesimo, cresima, eucarestia) a una ragazza di origine albanese (Elmira) e ha battezzato un bambino (Elia) della parrocchia di San Vigilio. Sono sei in varie comunità della diocesi (Condino, Mattarello, Caldonazzo, Denno) i catecumeni adulti che sono diventati cristiani.
Il prelato ha riflettuto sulla «speranza inattesa» che arriva dalla resurrezione. «Ci chiediamo quale futuro abbia la nostra società, minacciata da violenze e terrorismo nella stessa serenità quotidiana, con la produzione di armi sempre più sofisticate, travagliata e ipotecata da ingiustizie strutturali e da ostacoli per i giovani che sembrano insuperabili. Nel mondo gli uni non sanno come ridurre lo spreco del cibo e l’obesità provocata da superalimentazione; gli altri non hanno il minimo per sfamarsi. Vi è il timore che il numero dei richiedenti asilo superi le capacità di ospitalità». Questo il quadro descritto da Bressan che lascia aperta la speranza. «Eppure — prosegue — alla fine anche i discepoli dovettero cedere alla realtà: Cristo aveva vinto la morte. Cambiò la loro vita. Si trattava di un fatto più grande della stessa creazione del mondo».
L’arcivescovo ha ampliato la riflessione nell’omelia della domenica, Pasqua è «motivo di gioia per tutti» e «dà fiducia anche alla Chiesa locale, proprio per momento in cui un nuovo vescovo» assume la responsabilità». «Molta cultura — sottolinea Bressan — non ha uno sguardo ampio, ma esalta il piacere immediato, l’egoismo, il consumo materiale, dimenticando la dimensione spirituale dell’uomo e quella eterna della sua esistenza. La Pasqua ci dice che invece il Signore ha aperto per noi una via verso realtà diverse, più fraterne, più giuste, più felici: quelle che chiamiamo come “regno di dio”. La Pasqua deve essere un sì alla pienezza di vita, a un’esistenza che vuole portare frutto, cioè dare un contributo positivo alla società e non soltanto sopravvivere. Vorrei che i giovani comprendessero quale magnifica prospettiva il Cristo risorto propone a loro, come a tutti noi. Pasqua ci dice che l’ultima parola non spetta alla violenza, alla distruzione, alla morte, ma all’amore. Sono le varie opere di misericordia, attualizzate per il nostro tempo».