De Pretis, quattro alfieri di Garibaldi
Tre fratelli e un cugino, tutti di Cagnò, tra le camicie rosse. Dai Mille a Bezzecca
S i chiamavano Cesare, Giustiniano, Carlo e Sisinio de Pretis. I primi tre erano fratelli, l’ultimo un cugino. Tutti e quattro appartenenti a una nobile famiglia di Cagnò e tutti quattro sostenitori dell’italianità del Trentino, tanto che dalla spedizione dei Mille alla terza guerra di indipendenza combatterono al fianco delle milizie garibaldine. Carlo ottenne anche una medaglia di bronzo a Bezzecca.
1. Cesare de Pretis partì con Garibaldi nel 1860
2. Sisinio de Pretis, cugino dei tre fratelli, sbarcò in Sicilia e combatté a Milazzo
3. Carlo de Pretis partecipò alla battaglia di Bezzecca, rimanendo ferito e meritandosi così una medaglia di bronzo
4. Giustiniano de Pretis combatté a Vezza d’Oglio il 4 luglio 1866. Il quartetto di camicie rosse era nativo di Cagnò, in val di Non, e apparteneva al nobile casato dei de Pretis Cagnodo. Il gruppo è ricordato da una lapide che fu apposta nel 1923 dalla Legione Trentina sulla facciata della scuola elementare del paese
Nel 1910 lo storico Ottone Brentari pubblicò l’elenco dei circa duecento volontari trentini che nel 1860 si arruolarono con Garibaldi nell’esercito meridionale, costituito in Sicilia dopo la presa di Palermo. Il più celebre dei garibaldini trentini, Ergisto Bezzi, che era sbarcato coi Mille a Marsala l’11 maggio, rese giustizia ai commilitoni giunti sull’isola il mese successivo con queste parole: «Mentre noi avvertiti in tempo ci imbarcavamo a Quarto, migliaia di giovani che non sapevano della nostra partenza, stavano attendendo gli ordini a Genova e in altre città, e partirono quando fu ad essi ordinato di partire. Non è il loro merito uguale al nostro?»
A dispetto dell’enorme quantità di scritti a nostra disposizione sul Risorgimento, le vicende di molti di questi garibaldini «della seconda ora» rimangono a tutt’oggi pressoché sconosciute. Alla schiera dei dimenticati appartiene Cesare de Pretis, medico chirurgo di Cagnò, che con altri tre nonesi partecipò alla campagna militare contro il regno borbonico. Poco si sa di questo personaggio, morto a Strigno nel 1865 a soli trent’anni. Meglio noto è il cugino Sisinio de Pretis, figlio di Luigi, medico condotto pure di Cagnò: costui era espatriato fin dal novembre del 1859, quando contava appena diciotto anni, fuggendo con due compagni dal ginnasio di Trento, e si era arruolato volontario nel battaglione dei bersaglieri di Vignola. Si era poi imbarcato a Genova con la seconda spedizione a rinforzo dei Mille, sotto il comando del colonnello Giacomo Medici, le cui navi «Washington» e «Oregon» giunsero a Castellamare del Golfo il 18 giugno 1860. Sisinio marciò con la brigata Medici lungo la costa fino a Milazzo, dove il 20 luglio avvenne una delle più note battaglie della seconda guerra d’indipendenza. Rientrato in Trentino, visse a lungo in clandestinità, si trasferì quindi a Graz per studiare medicina e tenne poi la condotta che era stata di suo padre fino al 1893, quando morì di polmonite.
A Carlo e Giustiniano de Pretis, fratelli di Cesare, toccò la terza guerra d’indipendenza, quella combattuta tra il Regno d’Italia e l’Impero austro-ungarico nell’estate del 1866. Secondo i dati raccolti dal generale Ugo Zaniboni Ferino, i volontari trentini che si arruolarono sotto la bandiera italiana furono allora 328, tra cui molti veterani delle precedenti campagne. I due giovani di Cagnò erano invece dei novellini: nelle fotografie che li ritraggono in uniforme appaiono belli e fieri. Erano figli di Giovanni de Pretis, un ex magistrato che aveva subito varie vessazioni da parte del governo austriaco dopo che nel 1848 era stato eletto deputato alla Dieta di Francoforte e si era battuto invano per ottenere l’autonomia del Trentino dal Tirolo tedesco. Col cambio di generazione, dalla lotta parlamentare si passò alla lotta armata.
Nel solco della tradizione familiare, anche Giustiniano era uno stimato medico. Nel 1866 si arruolò nelle guide garibaldine a cavallo al comando del maggiore Nicostrato Castellini di Rezzato, che era attestato a Edolo per sorvegliare il Passo del Tonale. La notte del 3 luglio guidò una pattuglia in ricognizione fino a Vezza d’Oglio, dove l’indomani si svolse la battaglia, che fu persa dagli italiani anche a causa delle incomprensioni tra gli ufficiali. Alla stessa stregua del fratello e del cugino, Giustiniano non vide compiersi il suo ideale politico perché morì a Cagnò il 4 maggio 1918, sei mesi prima della fine della prima guerra mondiale.
Carlo de Pretis aveva terminato gli studi di ingegneria civile quando nell’estate del 1866 si arruolò nella prima compagnia del secondo battaglione di bersaglieri volontari col grado di caporale. Alla vigilia della battaglia di Vezza era di sentinella sui sentieri sopra il paese di Incudine, insieme ai compagni Vigilio Inama – il celebre studioso di Fondo – e Alessandro de Zinis di Cavareno. Il 21 luglio successivo Carlo prese parte alla battaglia di Bezzecca, durante la quale venne colpito, meritandosi la medaglia di bronzo al valor militare. Visse poi fino a 84 anni progettando ponti e linee ferroviarie, finché si spense in Val di Non nel 1921. Fu dunque l’ultimo e il più longevo dei quattro garibaldini nativi di Cagnò, tutti appartenenti al nobile casato de Pretis Cagnodo. Il quartetto di «ardentissime camicie rosse» è ricordato da una lapide che fu apposta nel 1923 dalla Legione Trentina sulla facciata della scuola elementare del paese.
Diametralmente opposto era l’orientamento politico di altre famiglie aristocratiche trentine. «Amore mio, uccidi subito questo Garibaldi! Lo trovi, gli spari e torni da me», scriveva da Rovereto al conte Fedrigo la moglie Leopoldina nella finzione del romanzo di Isabella Bossi Fedrigotti, tratto da una storia vera. L’invasione del Trentino del 1866 si risolse così con un doppio insuccesso: i Kaiserjäger non riuscirono a respingere Garibaldi; e la sua vittoria in Val di Ledro, che costò 146 morti, non valse ad annettere il Trentino all’Italia.
I personaggi Si chiamavano Cesare, Sisinio, Giustiniano e Carlo: quest’ultimo fu ferito a Bezzecca