Il Diocesano apre «l’officina» di Lea Botteri
Diocesano, apre l’esposizione dedicata all’artista di Pieve di Bono Pancheri: «Poco nota, forse perché donna. Va valorizzata»
Il futuro A breve arriverà una mostra su Winkler
«Una figura appartata, il cui “segreto” era la xilografia, Un’autodidatta che ha iniziato a frequentare l’ambiente artistico trentino animato da figure quali Bruno Colorio, da cui ha imparato la tecnica, Guido Polo, Remo Wolf, Carlo Bonacina, Ugo Claus, che oltre ad artisti furono anche incisori. Amica del poeta Marco Pola, apparteneva a quel cenacolo di artisti e poeti trentini organizzati nel Sindacato, che più tardi elessero la Galleria d’arte Fogolino a luogo di incontro. Pressoché scomparsa dal dibattito critico contemporaneo, negli oltre quarant’anni di attività ha esposto in numerose mostre nazionali e internazionali di xilografia, da Reggio Emilia a Milano, da Parigi a Bogotà».
Una premessa questa di Roberto Pancheri — dottore di ricerca in storia dell’arte, firma del Corriere del Trentino e Corriere dell’Alto Adige, fresco di nomina a direttore dei Musei civici di Bassano — che con efficacia ci permette di sbirciare all’interno di Officina segreta. Xilografie di Lea Botteri nelle collezioni del Museo Diocesano Tridentino, l’esposizione di cui è curatore che sarà inaugurata venerdì alle 18, e rimarrà aperta fino al 29 agosto.
A trent’anni dalla scomparsa, il Diocesano di Trento rende così omaggio a quest’artista trentina con una mostra retrospettiva che attinge alla ricca collezione di grafica del Novecento dello stesso museo, costituita da monsignor Giovanni Battista Fedrizzi, e alla raccolta privata custodita dalla sua erede, Milena Bruti Orsingher. Saranno esposti una cinquantina di esemplari delle oltre centocinquanta xilografie realizzate dall’artista, unitamente ad alcune matrici e a una selezione di ex libris, la maggior parte dei quali inediti.
Scarse le notizie biografiche su Lea Botteri, che nasce nel 1903 a Creto, nella parrocchia di Pieve di Bono, figlia del medico condotto del paese. Internata con la famiglia a Katzenau durante la Grande Guerra, a Trento frequenta poi l’Istituto magistrale, dedicando quindi le sue energie alla professione di maestra. La sua prima xilografia risale al 1940, mentre la prima esposizione pubblica è del 1945 nella collettiva per le celebrazioni del IV centenario del Concilio di Trento. Nonostante la cospicua produzione, Botteri resta a margine dei grandi mutamenti artistici del secondo dopoguerra, coltivando una sorta di «officina segreta».
Pancheri, da cosa nasce il suo interesse per quest’artista?
«Mi sto occupando di alcune artiste trentine, tra cui Botteri, perché ancora oggi noto una certa disattenzione attorno alle produzioni artistiche delle donne, mentre non c’è artista uomo trentino cui non siano stati dedicati degli approfondimenti. Per questo, in occasione dei trent’anni dalla morte ho proposto al Diocesano, che conserva il più ricco fondo di incisioni di Botteri, una rilettura critica dell’opera di questa xilografa. Un progetto che il museo ha fatto proprio: fa da apripista, infatti, a Sguardi trentini sul ’900, un ciclo di iniziative espositive, la prossima delle quali riguarderà Othmar Winkler».
La mostra ha costituito anche l’occasione per un inventario dell’opera complessiva di Botteri? «Esiste una rubrica rossa su
cui l’artista ha censito 150 xilografie. Le annotava in ordine alfabetico in base ai titoli, da “alchechengi” fino a “zattere di Sant’Apollinare”. Il quaderno è in possesso della cugina Milena Bruti Orsingher, la parente più prossima nonché custode della memoria, che conserva numerosi esemplari di xilografie e soprattutto tutte le matrici, alcune delle quali saranno presenti in mostra».
Ci racconta qualche dettaglio interessante di questa artista?
«È curioso, innanzitutto, che non si sia cimentata in nessun’altra arte, non esistono dipinti né disegni, quasi sicuramente faceva abbozzi ma non li ha conservati. Era anche un’ecologista
ante litteram, militante di Italia Nostra, per la quale negli anni ’70 realizza due xilografie, una dedicata al lago di Tovel. Un piccolo ma significativo capitolo della sua attività riguarda l’illustrazione libraria. Da ricordare, in tal senso, la tavola Lo scricciolo inserita nel 1977 nel volume
Gli uccelli di Marco Pola».
Eccoci al pianoterra del Diocesano. Come si sviluppa il percorso espositivo?
«La mostra propone una selezione dal fondo Fedrizzi, suddivisa in quattro sezioni. Si apre con una serie di vedute del Trentino, dalla rupe su cui svetta la chiesa di Santo Stefano a Carisolo al capitello di Mandel in Val di Fassa alle raffigurazioni di Santa Maria Maggiore, San Lorenzo, Sant’Apollinare a Trento. Una sezione è dedicata al tema floreale, una sorta di erbario inciso in cui la natura e i fiori di campo raffigurati in modo molto ravvicinato costituiscono il cuore dell’ attività di Botteri. Si passa quindi a temi dell’iconografia cristiana. L’ultima sezione presenta la produzione realizzata su commissione o per omaggio amicale».