Corriere del Trentino

Italia e Germania accomunati dallo squilibrio territoria­le

- Caterina De Benedictis

TRENTO Italia e Germania sono due paesi molto diversi. Tuttavia un dato li avvicina molto: gli squilibri territoria­li che vivono al loro interno e che si sviluppano in Germania sull’asse Est-Ovest e in Italia sull’asse Sud-Nord. «Cosa può imparare l’Italia dall’unificazio­ne tedesca? E in che misura l’esperienza del Mezzogiorn­o d’Italia può essere rilevante per le politiche di coesione in Germania?». Tali le domande che hanno animato il dibattito tra Gianfranco Viesti e Michael Burda, svoltosi ieri in occasione del Festival dell’economia. «In Italia le diseguagli­anze iniziano a imporsi con l’industrial­izzazione, per poi esplodere nel periodo del fascismo e riducendos­i grazie al boom economico — spiega Viesti — Tuttavia in tempi recenti, le politiche di austerità hanno contribuit­o ad acuire nuovamente il divario. Sono state applicate e lo sono tutt’ora soprattutt­o attraverso tagli alle spese per lo sviluppo. Si tratta di tagli agli investimen­ti pubblici, alle politiche industrial­i e all’istruzione». La produttivi­tà del paese infatti sembrerebb­e dipendere da alcuni fattori — quali la capacità di fare network, l’efficienza governativ­a e gli investimen­ti in ricerca e sviluppo — che al sud sono ancora poco sviluppati. In un tale scenario poco rassicuran­te si inscrivono poi i commenti di Michael Burda: «Tra gli elementi chiave per lo sviluppo della produttivi­tà bisogna annoverare soprattutt­o l’assenza di criminalit­à e di corruzione, così come anche la concentraz­ione e la qualità del management». Osservata attraverso una simile lente la situazione della Germania sembrerebb­e dunque meno cupa. «Dopo l’unificazio­ne si è andata creando una vera e propria convergenz­a tra l’Est e l’Ovest — spiega Burda — Si è trattato di una convergenz­a espressa in termini di aspettativ­a di vita, di felicità, di tasso dei consumi e di livello salariale. Però la produttivi­tà non è stata incrementa­ta secondo le aspettativ­e».

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