Ministro Ue delle Finanze Visco cauto
Bankitalia, Visco scettico «su un ministro europeo delle finanze senza gli strumenti giusti» Il governatore: reddito minimo insostenibile. Il collega francese Villeroy: Brexit a due facce
Un ministro europeo delle Finanze «senza gli strumenti giusti»? Il governatore di Bankitalia Visco, ieri intervenuto al Sociale nell’ambito del Festival dell’economia assieme al governatore della Banca di Francia Villeroy de Galhau, si è mostrato scettico. Secondo Visco il reddito minimo, poi, sarebbe insostenibile. L’omologo d’oltralpe ha invece descritto la Brexit come «pericolosa».
TRENTO I banchieri centrali si difendono: se l’economia europea non esce dalle secche la colpa non è delle banche centrali e della Bce, che fanno la loro parte, ma dell’inadeguatezza delle politiche non monetarie e della attuazione solo parziale delle riforme strutturali. Un po’ in inglese, un po’ in italiano e un po’ in francese, Ignazio Visco e François Villeroy de Galhau trasmettono chiaro il segnale alla platea del teatro Sociale.
Il dibattito con i governatori della Banca d’Italia e della Banca di Francia verte sull’opportunità o meno di dotare l’Unione europea di un ministro delle finanze unico. Materia spigolosa, ai limiti della tecnocrazia. Visco è esplicito: «Sulla governance economica europea c’è un negoziato molto complicato e dubito che senza un debito unico si possa andare avanti. Credo inoltre che un ministro delle finanze europeo debba avere un bilancio, magari la capacità di consentire interventi a certi Paesi per uscire da situazioni difficili o eccezionali. Senza strumenti adeguati, finirebbe per svolgere il ruolo che oggi ricopre il Consiglio europeo». Villeroy è più ottimista: «Nel 2017 sulla governance economia europea si gioca una partita decisiva e Italia, Francia e Germania devono agire».
Il problema principale, per l’Europa, resta quello della crescita, la parola magica senza la quale i generosi interventi di quantitative easing voluti da Mario Draghi non sortiscono gli effetti sperati: «Noi banche centrali — dicono Visco e Villeroy — non possiamo cambiare la crescita della produttività: devono impegnarsi gli imprenditori e i governi, che decidono le politiche economiche. Ogni Paese ne ha attuate diverse, in base alle proprie esigenze, ma serve un’accelerazione verso una convergenza». L’analisi di Visco è a due facce: loda «il cambiamento, la semplificazione della pubblica amministrazione» che però «dev’essere implementata»; registra «miglioramenti nel mercato del lavoro» che deve però «funzionare anche quando saranno eliminati gli incentivi per ottenere la riduzione del costo delle assunzioni». Tra le riforme riuscite, «quella delle pensioni». Ma per Visco bisogna «lavorare per rendere l’ambiente più favorevole all’imprenditorialità, abbassare i livelli di corruzione, realizzare più infrastrutture», non solo in Italia. «Se la Francia facesse le riforme e la Germania programmasse maggiori investimenti pubblici, il mix per l’economia europea sarebbe molto positivo», osserva dal canto suo Villeroy.
Crescita o non crescita, Visco ritiene insostenibile un reddito minimo nell’Eurozona («Cinquecento euro a testa equivarrebbero al 20 per cento del Pil») e stigmatizza la sfiducia dentro l’Unione europea, per cui nel Nord si pensa che noi italiani andiamo troppo in spiaggia». Incalzati da Ferruccio de Bortoli, ex direttore del Corriere della Sera, Visco e Villeroy si sono espressi anche sull’ipotesi della Brexit, l’uscita della Gran Bretagna dall’Eurozona: «Se vincesse il sì, potrebbero esserci tentazioni di fuoriuscita da parte di altri Paesi», dice Visco, mentre il collega francese parla di «tumulti sui mercati» e della «necessità di un intervento delle autorità finanziarie per ripristinare l’ordine». Ma una Brexit potrebbe, d’altro parte, «un ulteriore motivo per una accelerazione dell’integrazione economica tra i Paesi comunitari». I giovani cosa devono sperare in un quadro del genere? «Siate curiosi tutta la vita», è il consiglio di Visco.
Gli imprenditori e i governi devono fare la loro parte per la crescita Sulla governance economica continentale siamo in una fase decisiva