COSTRUIAMO CITTÀ DAL VOLTO UMANO
L’ edizione del Festival dell’economia che si chiude oggi, più di quelle passate, lascia sul nostro territorio molti spunti che meritano di essere raccolti, vagliati e interpretati. Soprattutto la città capoluogo, impegnata nella predisposizione del nuovo Piano regolatore, può trarre molteplici benefici dalle visioni, mai banali, di osservatori qualificati quali sono stati Saskia Sassen, Vittorio Gregotti, Mario Botta, Stefano Boeri, Massimo Gaggi.
Si è parlato molto in questi giorni di città, intesa come luogo fisico all’interno del quale assistiamo, in molti casi da semplici e passivi spettatori, a una graduale ma costante metamorfosi che abbraccia sia le trasformazioni degli spazi urbani (aree dismesse, edifici abbandonati) sia le relazioni sociali. La complessità e la fragilità su cui poggia la riorganizzazione urbana va quindi maneggiata con cura. Per usare un’istantanea tanto cara all’architetto Vittorio Gregotti, possiamo dire che «la città è probabilmente il più importante monumento costruito dall’uomo, la rappresentazione fisica delle volontà, delle speranze, delle memorie di un’intera collettività».
Nonostante l’avanzare dell’era tecnologica, delle comunicazioni veloci, la città rimane ancora un luogo di incontro fisico. Capace di offrire grandi occasioni e allo stesso tempo creare profonde solitudine. Enrico Franco, nell’editoriale di giovedì, ha evidenziato come «serva un ambiente che — dalla vita privata a quella professionale — faciliti l’esistenza e sappia aggredire i problemi, possibilmente trasformandoli in opportunità». Non esiste altra strada se vogliamo evitare che i cosiddetti «speculatori abitativi» prendano sempre più piede, snaturando e svuotando di fatto quel tessuto urbano fatto di storia e di memoria. Ecco perché è necessario tenere sempre alta la guardia quando le amministrazioni, grandi e piccole, decidono di mettere mano ai piani regolatori. Tutto ciò, però, necessita di una rinnovata consapevolezza da parte dei cittadini abituati a delegare ad altri il processo urbanistico-architettonico, considerato inutile come se fosse un fastidioso orpello. Il Festival ha evidenziato con forza come la crescita urbana condizioni pesantemente la qualità della vita sotto due aspetti: nel rapporto con l’ambiente circostante e nella relazione tra le persone. Ricordarselo più spesso aiuterebbe ad avere città dal volto umano, in grado di miscelare le diversità, e non luoghi sacrificati sull’altare degli interessi di pochi.