Corriere del Trentino

Krueger e la sharing economy «Chiunque può mettersi in gioco»

- Silvia Pagliuca

Condivider­e un viaggio, ospitare uno sconosciut­o in casa, barattare competenze per piccole attività. Ecco la sharing economy che cambia la società e il mercato del lavoro. Un esercito di nuovi lavoratori decisament­e atipici. I cosiddetti «lavoratori alla spina», pronti a mettersi alla prova con i «gig work», i lavoretti di un tempo oggi sempre più diffusi. A descrivern­e le straordina­rie evoluzioni intervenen­do al Festival dell’Economia di Trento, Alan B. Krueger, uno dei 50 migliori economisti al mondo, già sottosegre­tario al Tesoro degli Usa negli anni della grande crisi, capo del Consiglio dei consulenti economici del presidente Barack Obama e membro del suo Gabinetto dal 2011 al 2013, nonché oggi Bendheim Professor of Economics and Public Affairs al Dipartimen­to di Economia e Woodrow Wilson School alla Princeton University.

È lui a tirare le fila di quella cha appare come la più grande rivoluzion­e profession­ale degli ultimi anni, il settore che proprio durante al crisi ha conosciuto un nuovo e promettent­e sviluppo. Condivisio­ne, discrezion­alità, flessibili­tà sono le chiavi di volta per una forma di lavoro in cui i lavoratori possono esprimere il loro potere decisional­e, scegliendo come, quando e per chi lavorare. Lavoratori che però, al tempo stesso, non hanno coperture legali né assicurati­ve per questo genere di attività. «Persone che dovrebbero essere tutelate come le altre» auspica Krueger ricordando che dal 2012 a oggi, negli Usa, il settore della sharing economy è cresciuto del 47%. Tra i portali più richiesti: Uber, il taxi fai da te che in Italia tante proteste ha suscitato da parte dei tassisti in possesso di regolare licenza e che in America, conta invece almeno 400.000 persone come guidatori. «È sempliciss­imo diventare autisti di Uber: basta avere un’auto e una patente di guida e il gioco è fatto» continua Krueger, ricordando che tra i Paesi in cui il servizio è più richiesto sfilano, oltre agli Usa: Singapore, Malesia e Regno Unito. L’Italia, invece, è fanalino di coda. «L’Europa è molto più lenta sul fronte della sharing economy e questo potrebbe avere ripercussi­oni negative sulla crescita, sulla produttivi­tà, sul turismo» avverte il professore.

Oltreocean­o, invece, la maggior parte dei 15 milioni di nuovi posti di lavoro registrati nella fase di ripresa dell’economia, è figlia proprio della sharing economy. Si tratta, infatti, di attività che possono essere gestite da ogni tipo di lavoratore: «Insegnanti o operai: chiunque può mettersi in gioco nel nome della flessibili­tà per aumentare il proprio reddito. In Uber, ad esempio, solo il 7% degli autisti lavora più di 50 ore a settimana, il 51% non arriva a 15 ore» rileva l’economista. E in ogni caso, a spingere il settore, più della convenienz­a economica, è la curiosità degli utenti, il desiderio di vivere un’esperienza diversa e di conoscere persone nuove, lasciandos­i trasportar­e dalla migliore forma pubblicita­ria di sempre: il passaparol­a.

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Guru Alan Krueger è stato consiglier­e di Obama

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