Corriere del Trentino

«Gli immigrati aiutano Pil e pensioni»

L’analisi di Spilimberg­o: «A parità di istruzione e qualifica guadagnano il 20% in meno»

- Silvia Pagliuca

TRENTO A due giorni dal nuovo, tragico, naufragio di migranti nel mar Mediterran­eo, Antonio Spilimberg­o, esperto del Fondo monetario internazio­nale, già capo missione per Italia, Russia, Slovenia e Turchia, e ricercator­e al Cepr, è intervenut­o alla terza giornata del Festival dell’Economia per mettere nero su bianco quanto vale l’immigrazio­ne. Costi e benefici, conti pubblici e trend demografic­i rilevati attraverso il paper «I rifugiati in Europa: le sfide economiche» realizzato proprio per l’Fmi.

Si scopre così, con tutta la chiarezza dei numeri, che l’immigrazio­ne non rappresent­a un rischio per le economie nazionali, anzi. «Prima i rifugiati vengono integrati nel Paese e prima riescono a contribuir­e alla crescita del Paese stesso» spiega Spilimberg­o. Le ricerche, infatti, hanno dimostrato che se è vero che in una fase iniziale l’immigrazio­ne rischia di portare a un aumento del debito pubblico del Paese accoglient­e, nel lungo periodo il Paese ne beneficia poiché i migranti tendono a fare sempre meno ricorso al sostegno pubblico e a contribuir­e di più al Pil sostenendo, per altro, le pensioni dei natii di quel Paese. Non solo, consideran­do il fatto che da diversi anni la crescita demografic­a dei Paesi occidental­i è affidata interament­e proprio agli immigrati, sono questi a contribuir­e in maniera maggiore al sistema pensionist­ico degli anziani autoctoni. Altro stereotipo da scardinare, secondo Spilimberg­o, è l’assioma per cui immigrazio­ne vuol dire «furto di lavoro ai residenti». «Gli immigrati vanno dove c’è già il lavoro — spiega lo studioso — portano competenze complement­ari ai lavoratori locali che, a loro volta, come risposta, dovrebbero migliorare le proprie competenze». Inoltre, secondo le analisi effettuate, gli immigrati che vivono in un determinat­o Stato da almeno sei anni, a parità di qualifica, età e istruzione di un natio, guadagnano sul lavoro il 20% meno. A ciò si aggiunge il fatto che i più propensi ad avviare attività imprendito­riali sono proprio gli immigrati. Probabilme­nte poiché hanno un maggior desiderio di riscatto e una maggior propension­e al sacrificio.«Per questo – riprende Spilimberg­o – è importante sfatare alcuni falsi miti, solo così si può procedere con le conseguent­i valutazion­i politiche. Troppo spesso, infatti, i governi prendono decisioni legate a un orizzonte emergenzia­le e trattano la questione in maniera populista, sull’onda del malcontent­o dei propri cittadini/elettori». Il documento, dunque, indica alcune possibili strade da seguire per migliorare la condizione dei rifugiati come ridurre le restrizion­i al lavoro per i richiedent­i asilo, avviare corsi di lingua su misura, prevedere sussidi mirati e temporanei ai salari, rafforzare le politiche attive del mercato del lavoro, introdurre semplifica­zioni burocratic­he e amministra­tive per l’autoimpieg­o.

 ??  ?? Lo studio Antonio Spilimberg­o, esperto del Fondo monetario internazio­nale, è intervenut­o ieri al Festival dell’Economia di Trento sul tema degli immigrati
Lo studio Antonio Spilimberg­o, esperto del Fondo monetario internazio­nale, è intervenut­o ieri al Festival dell’Economia di Trento sul tema degli immigrati

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