IL SUONO DELLA TORRE CIVICA E L’IDENTITÀ DELLA CITTÀ
Ridateci il suono della Torre Civica: lo chiedo da anziano cittadino di Trento. Il simbolo della città non può rimanere muto. La «Torre di piazza» si erge, imponente e snella, a fianco di Palazzo Pretorio. La costruzione è la più cara memoria del capoluogo, la testimonianza di un passato, antico e recente, di storia e di cultura civica. Proprio per questo merita grande attenzione. Se non fosse stato per l’incendio, in molti (soprattutto giovani) non si sarebbero curati più di tanto della struttura che domina sul Duomo. Eppure i turisti ne rimangono affascinati. Secondo le guide, la Torre — restaurata e riadattata nel corso degli anni — pare sia stata sopraelevata almeno tre volte ed è alta 41,5 metri. L’affusto è di pietra calcare quadrata, bugnata al basamento e sugli spigoli. Vi si notano feritoie e finestrelle aperte in età recente. Pitture a fresco, eseguite nel Cinquecento da Fontana e Sandelli, decoravano parte dell’esterno. Dei due ingressi, uno al primo piano immette in una cella piuttosto angusta, dove oggi è custodito il «Tesoro della Cattedrale». L’altro, posto al piano superiore del Pretorio, dà accesso al locale. Da qui si sale alla stanza dell’orologio, alla cella campanaria e agli spalti. La Torre è articolata su dieci piani. Se si eccettuano le due celle occupate dall’orologio e la cella campanaria, tutti i locali erano adibiti a carcere. La cella più nota era la «Fermaiola» che accoglieva i debitori morosi. In un’altra cella erano custoditi gli strumenti di tortura. Mi sono dilungato con alcuni cenni storici perché credo che la Torre Civica vada recuperata in tutto il suo splendore, anche con il suono della campana. Leggo che è stato deciso di costruirne una ex novo. Mi pare una giusta scelta, a testimonianza dell’attenzione verso una struttura che racchiude l’identità della nostra città. a ringrazio per aver accennato nella sua lettera ad alcuni passaggi storici riguardanti il simbolo della città. Capita sempre più spesso, in un’epoca di esagerato modernismo, di prestare poca attenzione a ciò che raccontano palazzi e monumenti cittadini. Ecco perché quel suo «ridateci il suono della Torre Civica» si chiama fuori dalla quotidianità. Un atto d’amore nei confronti di un pezzo importante di Trento. Suona strano invocare oggi la tutela di un simbolo antico, eppure il passato dovrebbe contaminare anche il presente, in modo da evitare di commettere errori. L’identità di una città è ancora un valore da esibire, da raccontare. Ovviamente evitando forzature storiche. A tale proposito c’è un concetto espresso dall’architetto Mario Botta, profondo conoscitore di Trento, che dice: «La città offre l’insegnamento semplice e disarmante che non è possibile vivere senza passato e che il territorio della memoria rappresenta una condizione altrettanto indispensabile della misura del vivere presente».