Donne e uomini alla pari
Storia e diritti La disuguaglianza è prevaricazione di un sesso sull’altro Ma l’equità non può essere una questione di genere: serve più cultura
Il 2 giugno si è festeggiato il settantesimo anniversario della Repubblica, 70 anni di voto alle donne, che con la loro presenza hanno, allora, portato un milione di voti in più, come sottolinea Lidia Menapace, mia adorata insegnante e amica, partigiana, senatrice, grande donna. Una lunga storia della nostra Repubblica, con momenti eclatanti e meno importanti. Una lunga strada quella del voto alle donne, lunga davvero. Da allora, dal 1946, le donne possono dichiarare che in Italia ogni singolo individuo è parte dell’intera nazione.
Donne e Uomini alla pari nel voto. Certo, noi donne abbiamo raggiunto il traguardo del voto, ma abbiamo vinto le differenze, i sensi di colpa, le paure? Mi frulla in testa una frase di Margaret Atwood: «Gli uomini hanno paura che le donne ridano di loro. Le donne hanno paura che gli uomini le uccidano».
E questo è tema più che attuale anche se un assassinio è sempre e solo un assassinio.
Equità sociale? Per Platone, nel quinto secolo a.C. l’equità sociale voleva dire uguali diritti per i cittadini maschi. Gli stranieri, le donne e gli schiavi erano esclusi. Secondo Socrate ne
La Repubblica, il problema è quello di individuare una società giusta. Secondo il sofista Trasimaco, non si tratta di questioni di giustizia, perché ciò che è giusto «è ciò che conviene ai più forti». E avanti così. Il patriarcato è via via legge naturale, necessità di ordine, cura dell’altr(a).
Divagazioni. Ancora una storia, o meglio una leggenda, quella del nome di Atene, la città. Sant’Agostino, nel citare l’autorità dello storico romano Marco Terenzio Varrone, racconta la vicenda in questo modo: nel luogo dove sarebbe sorta la città spuntò un olivo e sgorgò dell’acqua. Si consultò l’Apollo di Delfi per capire il significato del prodigio.
L’oracolo rispose che l’ulivo significava Minerva- Athena e la polla d’Acqua il dio Nettuno.
Stava ai cittadini della futura città scegliere il nome e la dedicazione. Cecrope, il re convocò a dare il voto tutti i cittadini dell’uno e dell’altro sesso, poiché era abitudine, in quel luogo, che anche le donne partecipassero alle pubbliche deliberazioni.
I maschi votarono per Nettuno, le donne per Minerva-Athena. Vinsero le donne con un voto in più. Allora Nettuno irato schiumeggiò e trabordò e devastò i campi della futura Atene. Le donne, per placare l’ira di Nettuno, si assoggettarono a tre pene: primo che non votassero più, secondo che nessun figlio prendesse anche il cognome della madre, e che nessuna nuova nata venisse più chiamata Minerva o Athena. Così anche quella città madre e nutrice delle discipline liberali, di un numero grandissimo di filosofi ed eruditi, il vanto di tutta la Grecia, per una lite fra dei fu costretta a rimettersi alle donne che rinunciarono a tutto, meno che al nome e al giavellotto di Athena e diedero comunque il nome alla città.
A quali e quante punizioni saremmo ancora sottoposte?
Nonostante i cambiamenti sociali avvenuti nel corso della storia abbiano determinato variazioni nella nozione di identità sessuale, il problema ha continuato a sussistere e a rendere dialetticamente necessari racconti sugli inizi che rendessero comprensibili le origini divine delle differenze gerarchiche fra i sessi, così come nella leggenda dell’origine di Atene città, nel vaso di Pandora o nella storia di Eva, origine di ogni male.
Simone de Beauvoir indicò il pericolo di considerare i miti patriarcali soltanto nelle parti che possono essere convenienti se interpretate dal punto di vista femminista. Io vengo dalla tradizione locale dove, da sempre, alle donne è stato dato grande peso.
Sarà stato per questioni di economia: gli uomini erano via, o pastori o migranti o in guerra e alle donne rimaneva il fare il curare oltre al compito di far nascere e aiutare a morire.
Noi non abbiamo leggende come quella citata da Agostino, ma certamente di antichi matriarcati parlano le più belle leggende come quella dei Fanes. E anche in questa leggenda, fondatrice della Terra delle Montagne, si tratta di un antico matriarcato che deve cedere per necessità o per il sopravvenire di fatti e azioni diverse, ad una forma di patriarcato letto come violenza e sopraffazione. Differenze, violenze, questi sono stati gli argomenti dei signori feudali, dei mercanti di schiavi, dei tiranni e dittatori, dei potenti, di un mondo violento che vorremmo tanto fosse finito.
La diseguaglianza può nascere dagli sforzi di un sesso per difendere il proprio potere sociale o politico, ma l’eguaglianza non è davvero una questione di genere.
La capitale ha nome femminile: ma per questo le ateniesi furono punite