Verdi, la Haydn saluta Volmer: «Anno buono E ora andiamo a Erl»
Arvo Volmer sigla da direttore principale della Haydn la chiusura della saison 2015-16 e lo fa con Verdi, martedì al teatro Comunale di Bolzano e la sera successiva all’auditorium di Trento.
E che Verdi: quella Messa da Requiem (Requiem, Dies irae, Offertorio, Sanctus, Agnus Dei, Lux aeterna e Libera me, Domine), da sempre palestra e nuova sfida per un direttore, un’orchestra, un coro e naturalmente alcuni solisti. Questi ultimi sono Marina Shaguch soprano, Marianna Pizzolato mezzosoprano, Aquiles Machado tenore e Nicola Ulivieri, basso. Sul palcoscenico anche il Coro Sinfonico di Milano Giuseppe Verdi con Erina Gambarini, maestro del coro.
Maestro Volmer questa è la sua penultima stagione da direttore principale: il suo futuro sarà ancora con la Haydn? Tutti, anche nella Fondazione, tifano per lei.
«Presto per dirlo. I direttori vanno, la Haydn resta. Io mi trovo benissimo: in tutta l’Euregio la nostra orchestra è considerata sempre più protagonista e se lo merita».
Veniamo al programma. Che cosa significa per lei dirigere questa così complessa e ricca partitura?
«Dice bene: ricca e complessa. E sa perché? Perché intreccia la Parola e la Musica. Certo, si ritrova tutto questo anche nella tradizione tedesca e nel vostro Puccini. Ma la strumentazione, il canto, l’interpretazione in Verdi sono sempre un’avventura inedita. Una grossa gioia per me e anche un’emozione speciale. Oltre tutto, se si pensa a Verdi si pensa anche al Risorgimento italiano, dunque alla storia».
Lei ne fa anche una questione di «lingua musicale». Quali ne sono, allora, le insidie? Dirigere un’orchestra sinfonica e anche alcuni solisti? O c’è dell’altro?
«Oh, ma il nostro cast sonoro è molto preparato e dunque io sono sereno. Per il direttore, il problema maggiore è costruire la forma musicale».
Vuole tracciare, infine, un bilancio di questa stagione sinfonica?
«Abbiamo proposto Wagner, Sibelius e altri grandi autori che premevano al direttore artistico Daniele Spini e a me. Ho diretto più volte e ho imparato molto, insieme con l’orchestra. Ma la stagione ha visto sul podio anche alcuni miei colleghi di vaglia, che hanno arricchito il programma e le esecuzioni».
Prima della nuova stagione, lei dirigerà a Dobbiaco questa estate.
«Sì. Orchestre di giovani, che rappresentano il nostro futuro da proteggere. Penso al programma delle Settimana mahleriane, di solida tradizione. Ma anche al Festival Alto Adige. E poi a luglio saremo anche a Erl, sede del prestigioso Festival ideato e diretto da Gustav Kuhn».
A proposito di orchestre giovanili: ha seguito la tormentata vicenda della Euyo che rischia la chiusura?
«Ho sentito che si avvia alla soluzione, che ci saranno novità positive. Certo, solo un annuncio a livello europeo non basta…».
Maestro, lei ha già alcuni allievi-eredi che la seguono?
«Collaboro con alcuni giovani direttori e lo scambio di esperienze arricchisce tutti. Ma fare nomi è ancora prematuro».