UN LIVELLO DA ELEVARE
La creatività, in un’epoca di esigenza di qualità dello sviluppo, è diventata la principale leva possibile dell’evoluzione sociale ed economica. Dotati di linguaggio verbale e competenza simbolica, noi siamo in grado di concepire quello che ancora non c’è e di immaginare una cosa prima che esista o in sua assenza. Se la creatività umana può essere considerata come un nuovo e specifico fattore produttivo, e se conta più delle infrastrutture nel disegnare la nuova geografia economica, è opportuno chiedersi quali siano le condizioni della sua espressione e affermazione.
L’accesso alle opportunità culturali si è molto esteso. Non solo: a ben vedere, il dato più importante è che le possibilità di partecipazione sono assai ampie e a disposizione di numeri sempre più alti. Come mai, allora, in certe realtà il tasso di creatività e innovazione è così basso, come accade in Trentino? La risposta una volta tanto non è molto difficile. La partecipazione agli eventi e alle opportunità è infatti bassa così come è limitato il livello medio di conoscenza e informazione sui fenomeni rilevanti della cultura. Ciò comporta uno stato che abbiamo definito di «indigenza cognitiva» diffusa: ci fa insomma difetto l’humus, il clima culturale in cui può nascere la creatività e affermarsi l’innovazione.
La partecipazione culturale è il fondamento indispensabile per l’espressione creativa. Lo è ancor di più affinché le manifestazioni creative possano essere riconosciute socialmente e diventare innovazioni affermate in un certo contesto sociale. Quello che risulta carente nei contesti locali è proprio il processo di partecipazione culturale e il livello di humus necessario a far sì che i risultati della ricerca e della creatività si affermino e siano riconosciuti.
Il Festival dell’economia, con il contributo di Pierluigi Sacco, ha messo in evidenza il problema, documentando in particolare come la partecipazione culturale, oltre a favorire la creatività e l’innovazione, crei maggiore benessere sociale, incidendo sulla salute e sulla qualità della vita individuale. Bisognerebbe perciò rendersi conto, anche quando si decide in merito agli investimenti pubblici in cultura, della necessità di tendere al alzare il livello da azioni troppo spesso aderenti a situazioni localistiche verso azioni in grado di seminare le basi per l’innovazione sociale ed economica. Sarebbe decisivo agire in una simile direzione per sollevare le capacità di innovazione locale più che mai necessarie.