Jumper meranese filma l’impresa Muore in diretta
La giovane vittima viveva all’estero. Una settimana fa lo schianto fatale di Uli Emanuele nella stessa zona
Stava riprendendo tutto in diretta con il suo smartphone. La preparazione, il momento in cui ha indossato la sua tuta alare rossa. Alla fine, però, il salto gli è stato fatale.
Armin Schmieder, base – jumper meranese di 28 anni, è morto ieri buttandosi dall’Alpschelehubel (2.300 metri di quota) sopra l’abitato di Kandersteg, nel Canton Berna. Nella stessa zona, nella valle del Lauterbrunnen, il 17 agosto scorso, si era verificato l’incidente in cui ha perso la vita il base - jumper di Laives Uli Emanuele. Sarebbe il terzo incidente nel giro di poco tempo avvenuto nella regione svizzera. E il 13 agosto era morto in Trentino un altro base-jumper, stavolta australiano.
Il giovane stava trasmettendo tutto in diretta dalla sua pagina Facebook. A un certo punto si sarebbe udito un urlo e dei rumori, e poi più nulla. Stando alle prime ricostruzioni l’incidente sarebbe avvenuto intorno alle 10.45 di ieri, poco dopo il decollo dalla cima. Qualcosa, insomma. avrebbe interferito con il volo del giovane che non sarebbe riuscito a controllare il volo. Sul posto è intervenuta la polizia cantonale. Il giovane meranese viveva da tempo in Francia.
Questo lutto nel mondo dei base jumper altoatesini arriva a una settimana di distanza dalla tragedia, avvenuta sempre sulle rocce svizzere, di Uli Emanuele. Il giovane trentenne di Pineta di Laives ha perso la vita il 17 agosto scorso duformazione, rante un lancio nella località svizzera di Lauterbrunnen, nell’Oberland bernese, nota come la «Mecca dei base jumper».
Emanuele viveva lì da diversi anni e prestava servizio come lavapiatti nella cucina di un hotel della zona, dopo aver trascorso sette anni lavorando in fabbrica. Ultimamente, il base jumping era diventato quasi un lavoro a tempo pieno. Proprio nel corso di una delle «spedizioni» finalizzate a girare un nuovo video per il suo sponsor GoPro Uli Emanuele ha perso la vita.In quell’occasione Uli avrebbe dovuto filmare, volando insieme a lui, la planata di un compagno in tuta alare.
L’incidente costato la vita al giovane era avvenuto sul Mürrenfluh, da dove Emanuele si è lanciato dalla cosiddetta «Black Line Exit» (la «exit» è tecnicamente il punto da cui il base jumper si lancia nel vuoto) insieme a due compagni dopo aver raggiunto il punto in elicottero.
Secondo la ricostruzione dei testimoni, dopo una curva verso destra ha perso la traiettoria, finendo per schiantarsi contro una parete di roccia. L’allarme era scattato subito ma per il base jumper altoatesino non c’era già più nulla da fare. Due in particolare fra le sue imprese gli hanno guadagnato la fama mondiale. L’ultima, a maggio, l’aveva visto centrare volando un cerchio di fuoco del diametro di 3,5 metri posizionato su un pendio sopra Salorno. Nell’estate 2015 era invece riuscito a volare attraverso una «cruna d’ago», una fessura di roccia di poco più di due metri di larghezza.
La tragica morte di Uli aveva scatenato l’immediata reazione del Codacons, che ha chiesto alle istituzioni italiane di vietare la disciplina su tutto il territorio nazionale. «È uno sport estremo e pericoloso, che va vietato anche in Italia come già in alcuni stati esteri» aveva tuonato il presidente del comitato Carlo Rienzi.
Ieri la nuova tragedia, la terza nel giro di poche settimane nella stessa zona.
Solo quattro giorni prima, un’altra analoga tragedia, stavolta in Trentino, alla Rocchetta nella zona di monte Brento. A schiantarsi, l’australiano Jackson Lee, 27 anni, che in compagnia di altri 3 connazionali si era lanciato tra Cima Capi e cima Giochello.
Avrebbe dovuto atterrare nella spiaggia dello Sperone, circa un chilometro più in basso. Invece si è schiantato sulle rocce della parete quasi appena iniziato il volo. Sul posto i vigili del fuoco e i carabinieri di Riva non hanno potuto che recuperare il corpo senza vita dello sfortunato Jumper verso mezzogiorno.