Corriere del Trentino

Veltroni e lo sguardo dei bambini «Tanti pensieri, poca speranza»

Il documentar­io dell’ex leader dem: «Riscoprire la bellezza delle relazioni»

- Silvia Pagliuca

TRENTO L’amore e la guerra, le famiglie allargate e quelle tradiziona­li, gli italiani e gli immigrati, i lavori di oggi e quelli di domani. Walter Veltroni porta a Trento, in apertura del Festival delle Profession­i 2016 e per volere dell’Ordine degli Psicologi di Trento, la sua «seconda vita» profession­ale, quella che lo ha reso regista, girando prima «Quando c’era Berlinguer» e poi «I bambini sanno», film dedicato all’universo formato mignon. Parole, pensieri, sguardi di 39 bambini dagli 8 ai 13 anni, di origini ed estrazioni sociali diverse, che raccontano un mondo fatto di semplici ed assolute verità. Come quella per cui «i bambini sono più bravi degli adulti a fare la pace» o per cui «la cosa più bella che possa accadere è la salvezza». «Sono riflession­i profonde e spiazzanti. Riflession­i che nascono libere, ma che denotano un deficit di speranza generalizz­ato. Perché il futuro di questi bambini è colorato di nero» rileva Veltroni. Un allarme, questo, che l’Ordine degli Psicologi ha scelto di sottolinea­re proprio in occasione della giornata nazionale della psicologia nonché giornata nazionale dei disturbi mentali. Disturbi che in Trentino riguardano circa 7.000 persone, con il 35% dei pazienti under 18.

Ma anche rimanendo nell’ambito del non-patologico, le risposte dei bambini alle domande dell’ex segretario Pd hanno svelato un mondo fatto di crisi, tasse da pagare, terrorismo e barconi. «Ho ascoltato i racconti di bambini arrivati dalla Libia con le carrette del mare, di bambini che vivono in case occupate, di bambini che dormono in campi rom, circondati da topi. Ma anche bambini figli del ceto medio, che abitano in centro a Roma e frequentan­o scuole private. Ognuno mi ha restituito un’umanità» commenta Veltroni. Ci sono le famiglie spezzate, quelle ritrovate dopo anni di assenze, quelle ricevute in dono con un’adozione internazio­nale. Ma anche le famiglie negate, quelle con parenti omosessual­i, quelle più rigide, con scuole cattoliche o niente. Ognuno racconta a proprio modo ciò che vive, preoccupan­dosi di «non finire in depression­e». Depression­e, anni 8. Perché ciò che più appare evidente è il bisogno dei bambini di essere ascoltati. Da qui, l’idea di realizzare le riprese nelle loro camerette, rigorosame­nte senza genitori presenti, cosicché le loro piccole, grandi, speranze possano venire fuori senza paure. E allora, ecco il sogno di diventare cuochi — un solo giornalist­a, nessun medico, né commercial­ista all’orizzonte —, quello di vedersi corrispost­i nell’amore o dell’avere più tempo. «Perché ai nostri figli abbiamo sottratto lo spazio della noia, elemento fondamenta­le, culla della loro fantasia» riflette ancora Veltroni, raccontand­o di bambini con «agende da adulti». E questo anche per colpa, in parte, della tecnologia: «È una rivoluzion­e che consuma altro tempo, fornendo loro un’educazione non armonizzat­a con la qualità dell’esistenza umana, mentre noi — conclude Veltroni — dovremmo permettere ai bambini di riscoprire la bellezza delle relazioni: con gli altri, con il tempo, con il gioco».

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(Foto Rensi) Vicini Da sinistra Alberto Pacher, ex sindaco di Trento e psicologo, e l’ex leader dem Walter Veltroni

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