Corriere del Trentino

LE PERSONE CON SINDROME DI DOWN HANNO MOLTE DOTI E POTENZIALI­TÀ

- Il caso di Luca Malossini Mario Cossali, ISERA

La campagna «Un cromosoma in più, mille vite possibili» rappresent­a una felice sintesi della realtà delle persone con sindrome di Down; persone, tutte diverse tra loro, che esprimono bisogni di scuola, salute, lavoro, casa, affetti. Per dare risposta a tali bisogni, però, serve un impegno forte delle famiglie, delle istituzion­i, della società nel suo complesso. «Un cromosoma in più, mille vite possibili» è una campagna pensata in occasione della Giornata nazionale delle persone con sindrome Down che si è celebrata l’altro ieri. L’impegno che anima noi genitori, le associazio­ni coinvolte anche sul nostro territorio, le cooperativ­e sociali, i servizi del Comune e della Comunità di valle è prima di tutto di dare voce alle diverse realtà e nello specifico di accompagna­re l’inseriment­o lavorativo di Antonio, così come il bisogno di assistenza di Maria e della sua famiglia, la gioia o l’ansia del primo giorno di scuola di Gabriele, ma anche per insegnare a Cristina a prendere l’autobus da sola. Vogliamo far conoscere i percorsi di vita delle persone con sindrome di Down e aiutarle a costruire il loro futuro possibile nella società cercando di evitare ogni separazion­e, per quanto protettiva. Molto è cambiato rispetto a qualche decina di anni fa ma ancora molto si può fare. Le persone down hanno doti da sviluppare e potenziali­tà da valorizzar­e in contesti sociali accoglient­i, ma normali: qui scatta la necessità di una nuova cultura diffusa, che fatica a farsi strada, ma che deve essere stimolata con adeguate iniziative nelle scuole, nelle associazio­ni di categoria (ristorator­i, commercian­ti, artigiani, eccetera), in tutti i luoghi della socialità senza proporsi obiettivi irrealizza­bili, ma pensando alle persone down come cittadini e cittadine con propria personalit­à e propria dignità. l suo appello va raccolto e soprattutt­o deve andare oltre la «Giornata» dedicata alle persone con la sindrome di Down. Il lavoro vero si fa infatti giorno dopo giorno, lontano dai riflettori, gestendo un quotidiano che se ha fatto notevoli passi avanti nell’accettare la diversità è pur vero che presenta ancora sacche di gravi pregiudizi. Anche quest’anno abbiamo letto cronache che raccontava­no di famiglie con bambini diversamen­te abili allontanat­i da strutture alberghier­e «perché disturbava­no». Non siamo all’anno zero, ma la strada — come del resto si evince pure dalla sua lettera — rimane in salita.

Condivido il suo invito a una nuova cultura diffusa per liberare le potenziali­tà delle persone con la sindrome di Down e ciò che affermano molti esperti: oggi siamo diventati troppo protettivi. Ma non va bene: non siamo davanti a eterni bambini. Abbiamo a che fare con persone che vanno accompagna­te a una maggiore autonomia. Questo, forse, è il passaggio più difficile, perché non abbiamo ancora sostituito la compassion­e con la normalità.

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