«Riforma Rsa Territori protagonisti»
Il documento: «No al taglio delle Apsp dall’alto». Mellarini: sarò costruttivo
«Libertà ai territori per definire i progetti di razionalizzazione». Questa la richiesta dell’Upt per la riforma delle Rsa.
TRENTO Punti unici di accesso in capo alle Comunità di valle; no alla riduzione a una Apsp per ogni territorio, ma libertà alle singole aree del Trentino di definire progetti di razionalizzazione; maggiore chiarezza sugli obiettivi di risparmio della riforma. Sono i tre cardini del documento che l’Upt ha preparato in vista della riunione di maggioranza di lunedì, che, si legge nel documento, «abbisogna di un approfondimento ulteriore». Il segretario Tiziano Mellarini tende la mano all’assessore Luca Zeni: «Porterò queste riflessioni con spirito costruttivo alla riunione di maggioranza», dice.
L’Upt individua «due principali criticità». Primo: «La necessità di calare lo studio Bocconi nel contesto trentino che presenta complessità e caratteristiche diverse rispetto alle altre aree del Paese. Secondo: «I contesti di valle presentano difficoltà legate ai trasporti, alla collocazione sparsa dei centri abitati, allo spopolamento che interessa soprattutto le fasce giovani che debbono essere prese in considerazione nel momento in cui si pone mano a una revisione delle politiche sociali e sanitarie. Fatta salva l’autorevolezza e la professionalità dei consulenti, deve essere la politica a farsi carico delle questioni e guidare i processi di cambiamento specie con le risorse in calo».
Il documento dell’Upt evidenzia anche come resti «ancora da definire a chi farà capo il punto unico di accesso». A questo proposito, l’Unione «non condivide l’ipotesi (sempre meno quotata anche in Provincia, ndr) di affidare i Pua alle Apsp, perché a oggi il Pua rappresenta una modalità di accesso ai servizi aperta a tutte le aree di bisogno, dagli anziani ai disabili, ai minori, ai malati psichici, e affidarlo alle Apsp ne limiterebbe l’utilità all’area anziani. Il punto più delicato riguarda il numero di Apsp che rimarranno sul campo dopo la razionalizzazione. Nel documento si dice chiaramente che le Apsp «rappresentano un punto di riferimento che non può essere espropriato con un’imposizione di legge» e si ventila il rischio che «l’ipotesi attuale, specie nelle città, crei Apsp con numeri eccessivi esponendo al rischio di limitare il livello di qualità oggi garantito». La posizione finale è piuttosto lontana dalla linea Zeni, almeno finora: «Proponiamo di lasciare ai territori l’autonomia di definire progetti di razionalizzazione dei costi che consentano di contenere le spese e garantire la tenuta del servizio non alterando gli equilibri e le reti di volontariato che le singole Apsp hanno costruito nel tempo. A questo proposito vanno determinati con maggiore chiarezza quali sono gli obiettivi di risparmio effettivo della riforma.
Ora la palla passa a Zeni, in vista della riunione che dovrà compattare la maggioranza prima del consiglio provinciale straordinario di martedì prossimo.