Choc in Mozambico Ucciso leader politico Raffaelli media
Il mediatore trentino lavorava con Pondeca: «Gli hanno sparato con un kalashnikov»
TRENTO A ingarbugliare ulteriormente la già intricata matassa che rischia di infrangere i fragili equilibri di pace conquistati dal Mozambico più di vent’anni fa, è arrivata la notizia dell’uccisione, sabato scorso, di Jeremias Pondeca, 55 anni, membro della Renamo all’interno della delegazione di mediatori che da luglio stanno cercando di dissolvere le ultime ombre addensatesi sul Paese africano. Leader del gruppo, come noto, è il trentino Mario Raffaelli, che da Maputo tuttavia rassicura: «Questo atto non sembra aver messo a rischio i negoziati di pace — afferma — ha provocato, anzi, la reazione opposta».
«Il presidente della Resistenza nazionale mozambicana, dal luogo in cui si trova, ha dato indicazioni chiare affinché quanto accaduto non si ripercuota sul dialogo in corso — spiega Raffaelli, nominato dall’Alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri Federica Mogherini — lo stesso ha ribadito il governo e persino il presidente della repubblica ha condannato questo atto in televisione con parole molto dure». Filipe Nyusi era presente anche ieri mattina ai funerali di Pondeca, esponente, oltre che della Renamo, anche del Consiglio di Stato: «La sua presenza è stata un segnale forte di dialogo e di scelta rispetto a eventuali gruppi che, da una parte e dall’altra, cercano di ostacolare l’avanzamento dei negoziati» sottolinea Raffaelli, già protagonista nella mediazione che portò agli accordi di pace al termine della feroce guerra civile che divorò il Paese dal 1975 al 1992.
«La polizia finora non è stata in grado di fornire tracce precise — aggiunge il presidente di Amref Italia — ma la matrice politica dell’omicidio è chiara. Pondeca è stato ucciso mentre correva sulla spiaggia, in pantaloncini e privo di oggetti da rubare, fra l’altro con un kalashnikov, non un’arma propriamente da criminali comuni». L’omicidio si inserisce inoltre in una lunga serie di uccisioni, che hanno destato meno scalpore perché accadute lontano dalla capitale (a parte quella di Gilles Cistac, professore universitario di diritto costituzionale freddato il 3 marzo del 2015 per aver difeso la costituzionalità della richiesta di decentralizzazione avanzata dalla Renamo per creare autorità provinciali anonime).
Ad aver fatto riesplodere le tensioni, infatti, sono proprio due questioni cruciali poste al governo della Frelimo dal partito di opposizione: da un lato il riconoscimento della propria supremazia nelle 5-6 Province del centronord dove regolarmente vince le elezioni (ma dove, secondo la Costituzione, i presidenti vengono nominati come nel resto del Paese dal governo, che in questi anni ha sempre scelto uomini del Fronte di liberazione del Mozambico). Dall’altro la Renamo contesta una presunta e progressiva emarginazione dei propri rappresentanti dalle forze armate e chiede di essere presente all’interno delle forze di polizia.
«Non c’è una guerra in corso — chiarisce Raffaelli — ma nel giro di un anno ci sono state alcune centinaia di morti: è qualcosa che va fermato prima che si verifichi un’escalation». I mediatori, fra i quali anche rappresentanti di Sudafrica e Tanzania, della Chiesa mozambicana e di due organizzazioni non governative, l’Africa governance initiative fondata da Tony Blair e la Global Leadership–Botswana che riunisce ex capi di Stato, prevedono di riuscire a concludere i negoziati entro i primi di dicembre.