Confederali cauti «Mercato docet, è prematuro tirare conclusioni»
BOLZANO A livello economico, i sindacati «promuovono» l’acquisizione di Athesia, ma rimangono forti dubbi sulla positività che un solo gruppo controlli la maggior parte dell’informazione locale. «Chi fa economia di solito guarda il finale del bilancio, se è in rosso o in nero, non credo in questo caso sia opportuno dibattere sulla questione etnica — commenta Toni Serafini, segretario della Uil — quando si investe in economia un’azienda vuole guadagnarci: quello che mi chiedo è perché oggi, qualcuno investa in quotidiani, dato che è noto sia un settore in crisi. Per quanto riguarda l’accentramento dell’informazione da parte di un singolo, credo che la concentrazione non faccia mai bene, ma è altrettanto vero che non c’è nessuna norma, a livello regionale, che indichi le quote». Anche il segretario Cgil, Alfred Ebner, esprime dubbi: «Le grosse concentrazioni editoriali mi rendono sempre un po’ scettico — afferma — perché reputo il pluralismo un valore: ora bisogna capire come sarà garantito. Certo, l’Athesia è un grande gruppo industriale, di successo, quindi dal punto di vista dei lavoratori è un vantaggio: ma c’è tutta la questione dell’informazione, che va garantita nella sua molteplicità di aspetti e temi». Michele Buonerba, segretario generale Cisl, si augura che “Athesia non imponga una linea editoriale”: «Voglio aspettare prima di dare giudizi — dichiara — anche perché mi sembra non ci fossero alternative per il quotidiano Alto Adige. Vedremo come andrà e se in giornale riuscirà a mantenere una sua linea. Certo, quello che preoccupa è la concentrazione in mano ad Athesia di tutto il monopolio dell’informazione locale, ad eccezione di due testate. Purtroppo sappiamo che la norma dell’Antitrust non vale a livello regionale ma statale e di conseguenza, non si tiene conto delle realtà locali». «Come Cgil ci occupiamo del settore dei poligrafici — spiega Fabrizio Tomelleri — sulla tenuta occupazionale non posso che dirmi soddisfatto: individuare un editore già presente sul territorio che ha le spalle larghe è una garanzia per i lavoratori di cui mi occupo. Dare un’interpretazione politica, invece, è un po’ più complicato. C’è da augurarsi che i giornalisti continuino a lavorare con metodologie che sono proprie della comunicazione di lingua italiana e che non ci sia un’omologazione. Se le testate in questione riusciranno a mantenere un’autonomia redazionale, allora non possiamo dirci che soddisfatti. Diversamente c’è il rischio che nasca un “ufficio di comunicazione dell’Svp”. Ma non è il momento di pensare al peggio».