Referendum, oggi si vota Urne aperte fino alle 23
Seggi aperti dalle 7 alle 23. Le eventuali modifiche del titolo V non si applicheranno in Trentino-Alto Adige
Oggi gli italiani decideranno sul futuro della loro Costituzione. I seggi saranno aperti dall 7 alle 23. La principale novità della riforma riguarda il Senato, che in caso di vittoria del Sì smetterà di essere uguale alla Camera e diventerà espressione delle Regioni con potestà legislative limitate. La modifica del titolo V non si applicherà alle Regioni a statuto speciale.
TRENTO Oggi 406.412 trentini sono chiamati alle urne per approvare, o respingere, la riforma costituzionale proposta dal governo Renzi e approvata dal Parlamento.
I seggi apriranno alle 7 e chiuderanno alle 23. Per votare bisognerà esibire, oltre ad un documento di identità, la propria tessera elettorale, sulla quale figura il proprio seggio di riferimento. Nel caso in cui la tessera elettorale fosse stata smarrita, oppure non abbia più spazi liberi per apporre nuovi timbri, si potrà chiedere una nuova tessera agli uffici comunali che saranno aperti per tutta la durata delle operazioni di voto.
Sulla scheda, comparirà il seguente quesito: «Approvate voi il testo della legge costituzionale concernente “Disposizioni per il superamento del bicameralismo paritario, la riduzione del numero dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del titolo V della parte II della Costituzione” approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 88 del 15 aprile 2016?». Chi è d’accordo con la riforma dovrà porre un segno sul Sì, chi è contrario sul No. Il referendum confermativo non prevede un quorum, l’esito sarà dunque valido indipendentemente da quanti si recheranno alle urne.
Se la riforma verrà confermata dai cittadini, l’Italia non avrà più un sistema bicamerale paritario, quello che vede Camera e Senato esprimersi su tutte le leggi. L’attore principale della processo legislativo diventerà la Camera, che sola darà, o toglierà, la fiducia al governo. Il Senato non rappresenterà più la Nazione, ma le autonomie territoriali. Non sarà più composto da 315 membri eletti, ma da 95 nominati dai consigli regionali, 74 consiglieri regionali e 21 sindaci, oltre a 5 nominati dal Capo dello Stato. Saranno previsti rimborsi spese, ma non indennità. La legge elettorale per il Senato deve ancora essere scritta. Il nuovo Senato parteciperà all’elezione del Presidente della Repubblica e nominerà due giudici della Corte costituzionale. Il bicameralismo resterà paritario per le leggi di revisione costituzionale, la ratifica dei trattati, il recepimento della normativa europea, l’ordinamento degli enti locali. Su tutte le altre leggi, il Senato manterrà un potere esclusivamente consultivo. La Camera potrà quindi legiferare senza accoglierne le eventuali indicazioni. La riforma prevede anche l’abolizione del Cnel (Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro), l’obbligo d’esame per le leggi di iniziativa popolare (anche se le firme necessarie passano da 50.000 a 150.000), l’introduzione dei referendum propositivi, il possibile abbassamento del quorum per i referendum abrogativi.
Particolarmente significativa, per il Trentino, la modifica del titolo V: le materie concorrenti tra Stato e Regioni ordinarie vengono cancellate e attribuite in via esclusiva allo Stato. Tali disposizioni non si applicano alle Regioni a statuto speciale. Le autonomie speciali saranno chiamate a una conseguente revisione dei propri Statuti, da adottare previa intesa (valida però solo per questo adeguamento) con le Regioni interessate. Questo significa che lo Statuto di autonomia del Trentino Alto Adige andrà riscritto. Trento e Bolzano dovranno indicare un nuovo assetto delle competenze statutarie, trovare un nuovo ruolo per la Regione e raggiungere un’intesa con lo Stato.
Il Trentino e l’Alto Adige indicheranno ciascuno due senatori: due consiglieri regionali e due sindaci. Nel caso dell’Alto Adige, sindaco e consigliere regionale dovranno essere espressione di gruppi linguistici diversi.
La riforma introduce anche la clausola di supremazia, ossia la possibilità per lo Stato di intervenire anche su ambiti di competenza regionale per tutelare l’interesse nazionale, l’unità giuridica ed economica della Repubblica. La clausola di supremazia non si applica alle Regioni a statuto speciale. I rispettivi ambiti di competenza continueranno ad essere disciplinati dagli statuti di autonomia.