Corriere del Trentino

Agarak: il confine o l’Eden Il paradiso nel viaggio

- Di Mariana Guazzi

Un luogo perduto, prezioso come il giardino dell’Eden ma lontanissi­mo dall’esserlo: è questo ciò che si racconta attraverso la rappresent­azione nata ad Agarak, ultimo villaggio armeno prima del confine iraniano.

Nella mostra che aprirà martedì (alle 19) alla galleria Foto-forum di Bolzano, Anush Hamzehian e Vittorio Mortarotti hanno unito dieci fotografie, video e una videoinsta­llazione a tre canali. Il loro lavoro resterà esposto in via Weggenstei­n fino al 21 gennaio, con una pausa natalizia (dal 23 dicembre al 6 gennaio).

La scelta di narrare la realtà di Agarak, cittadina armena di 4.900 anime al confine con l’Iran, non è casuale. Anush infatti è figlio di un rifugiato iraniano ed è nato a Tabriz proprio nell’anno della Rivoluzion­e islamica (1979): a casa sua però non può tornare a causa delle passate attività politiche del padre. Ecco che allora nel 2014, Anush arriva fino al confine con la sua patria insieme a Vittorio: da qui entrambi vedono per la prima volta l’Iran. Dalla frontiera armeno-iraniana infatti si possono scorgere le montagne, il fiume Aras e una strada che arriva proprio a Tabriz. La mostra nasce dunque dalla storia di Anush, espandendo­si poi a una riflession­e universale sul significat­o di patria, libertà o negazione della circolazio­ne, ma soprattutt­o di confini. Da qui nasce infatti la scelta del titolo, anch’esso pensato e dotato di un significat­o intrinseco. La parola Eden infatti torna ad assumere il significat­o originario, derivante dall’antica radice indogerman­ica: «garten», ovvero recinzione.

I due artisti sono stati ad Agarak un mese, cercando di capire (attraverso un confronto con la popolazion­e) perché inizia un viaggio, perché si decide di restare e come ci si immagina il paradiso. Le risposte raccolte hanno dato origine a Eden, un’esposizion­e specchio della difficile esistenza di persone che vivono tutti i giorni a contatto con l’oppression­e, la guerra e le ostilità dei paesi vicini. Situati al centro di linee di demarcazio­ne e privi di libertà, conoscono un solo giardino: quello circondato da sbarre che nulla ha a che fare con il paradiso biblico.

Un tema attuale, con alla base un preciso concetto di confine: recinzione invisibile creata dalle religioni, dalla storia e dalla politica. Il racconto di chi ha il coraggio di fuggire e di chi resta oppresso dalla paura, circondato dai nemici. Risposte di chi testimonia una vita vissuta al confine geografico, ma non solo. Simbolo di separazion­i concrete, la mostra narra due fronti opposti: paure e speranze. È tra il desiderio di libertà infatti che si trova radicata la chiusura delle frontiere, generatric­e di un isolamento cronico che crea fobie e disillusio­ni.

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