Il no a Renzi travolge il centrosinistra Patt spaccato, Pd e Upt ininfluenti
Il «sì» si ferma al 45,7% e prevale in pochi territori. Giunta senza peso. Affluenza record
TRENTO La chiamata alle armi a difesa dell’autonomia speciale non ha impressionato i trentini. Contrariamente all’Alto Adige, il Trentino ha bocciato la riforma costituzionale Boschi-Renzi, che conteneva la clausola di salvaguardia per la revisione dello statuto speciale, disattendendo largamente l’indicazione per il sì dei vertici del centrosinistra autonomista. A parti invertite, nel 2006 il centrosinistra aveva invece convinto il 57% dei trentini a votare contro la riforma costituzionale approvata dal centrodestra, che pure blindava l’autonomia speciale in modo più radicale. I trentini sono andati a votare in massa: 76,82 per cento degli aventi diritto, l’affluenza più alta di tutte le regioni italiane.
I numeri
A livello nazionale, il sì ha ottenuto il 40,89 per cento, il no il 59,11 per cento. In Trentino il sì si è attestato a quota 45,7 per cento; i no si sono imposti con il 54,3 per cento. Uno scenario completamente diverso dall’Alto Adige, dove il sì ha vinto largamente con il 63,69 per cento, pur perdendo di misura a Bolzano. L’elettorato tedesco ha risposto fedelmente all’indicazione della Svp e, in generale, all’interesse particolare della salvaguardia dell’autonomia speciale.
In Trentino invece il voto di opinione su Renzi e il governo — amplificato alle debolezze interne alla maggioranza di governo provinciale — ha prevalso decisamente sulle ragioni connesse alla difesa della specialità. Proprio perché in gioco domenica c’era la tutela dell’autonomia, è significativo ricordare che alle elezioni provinciali 2013 la somma dei voti di lista dei partiti di centrosinistra oggi favorevoli al sì (Pd, Patt, Upt, Idv e Ual) ottenne il 55,74 per cento. Il presidente Ugo Rossi ottenne voti anche fuori dall’alveo dei partiti, attestandosi al 58,11 per cento.
Negli ultimi giorni di campagna referendaria Rossi ha chiesto ai trentini di fidarsi di lui (e Renzi) votando sì, ma i consensi domenica si sono fermati 13 punti sotto il suo risultato personale del 2013 e dieci sotto a quello di coalizione.
I punti deboli
Su 177 comuni, il no è finito sopra il 60 per cento in ben 35 casi, con punte massime in Valsugana e valle dei Mocheni, dove l’elettorato del Patt ha rigettato gli appelli di Rossi e Panizza, accogliendo invece l’invito di Walter Kaswalder a votare no. Si tratta del collegio elettorale che nel 2013 ha eletto come senatore Giorgio Tonini, uno dei più accesi sostenitori del sì. Solo in val di Non e val di Sole, i territori di provenienza del governatore, del segretario del Patt, la carta personale giocata dai maggiorenti ha fatto prevalere il sì in numerosi comuni. Lo stesso si è registrato in diversi municipi delle Giudicarie, dove si è speso parecchio per il sì il consigliere provinciale Mario Tonina (Upt). Complessivamente, il sì ha vinto in 50 comuni.
Nei Comuni più grandi a guida Pd, come Trento, Riva, Arco, il sì è finito sconfitto, così come a Dro (dove è sindaco il senatore Vittorio Fravezzi), in val di Fiemme (terra dell’assessore provinciale Mauro Gilmozzi), a Rovereto e sull’altopiano di Folgaria (bacino dell’assessore Alessandro Olivi), ad Ala (zona dell’assessore Tiziano Mellarini), Tenna e Pergine (area di provenienza dell’assessore Luca Zeni), Civezzano (comune dell’assessore Michele Dallapiccola), Vermiglio (municipio dell’assessore tecnico Carlo Daldoss). In tutti questi casi la vittoria del «no a Renzi» non è stata arginata né dalle reti personali, né da quelle di governo, né dalle strutture organizzate dei partiti: clamoroso il caso del Pd, che è stato travolto nonostante l’esiguità del fronte interno del no. Il centrodestra, invece, dai grillini alla Lega (con Fugatti a Avio), alle civiche (con Borga a Mezzolombardo), ha avuto buon gioco. Ma un’alternativa resta tutta da costruire.