Sait, uno spiraglio: trattativa allargata
Passa la proposta dei sindacati: tavolo negoziale anche con Federcoop e Provincia
Al tavolo negoziale sulla crisi del Sait siederà anche Federcoop e Provincia. Perché si coglierà l’occasione di affrontare il rinnovamento di tutta la coop al consumo, costituita dalle Famiglie cooperative, in primis. La richiesta formulata dai sindacati è stata accolta ieri dai vertici del Sait. E se si inizia a parlare di cassa integrazione, l’orizzonte potrebbe essere quello di interventi strutturali, non solo di tagli al personale.
TRENTO La crisi del Sait non è più solo del Sait, ma di tutta la cooperazione al consumo trentina. E perciò deve essere affrontata in modo istituzionale con l’appoggio della Provincia. Questi i motivi per cui ieri l’incontro fra azienda e sindacati ha visto l’ok «all’allargamento del tavolo» anche a Federcoop e politica.
Il risultato di ieri è stato preparato dai due scioperi che gli addetti del Sait hanno fatto nelle scorse settimane, con relativi presidi prima sotto la sede di Federcoop, poi in Piazza Dante, in Consiglio provinciale. Il motivo: il presidente Renato Dalpalù e il direttore Luca Picciarelli hanno elaborato un piano di taglio costi che prevede 130 esuberi su 650 dipendenti, limitati però al settore uffici e magazzino, che nella struttura di via Innsbruck ha 400 unità.
Ieri all’incontro con l’azienda «c’era anche il responsabile dei rapporti sindacali di Federcoop, Michele Odorizzi — riporta Lamberto Avanzo segretario della Fisascat Cisl —. Segno della disponibilità di allargare la discussione». Roland Caramelle, segretario della Filcams Cgil, prende in considerazione i possibili risvolti concreti: «Il problema non è solo del consorzio di secondo livello Sait, ma di tutta la cooperazione al consumo. Perciò dobbiamo prendere in considerazione il ruolo delle circa 70 Famiglie cooperative, che del consorzio sono socie». Dal punto di vista occupazione, «con questo allargamento potremo finalmente capire quel dato di 130 esuberi e in prospettiva chiedere l’attivazione di politiche occupazionali, come è stato per altri problemi industriali» aggiunge Caramelle, soffermandosi poi sulla cooperazione: «Affrontare il tema delle coop, in 200 paesi unico esercizio aperto, in modo staccato dal Sait è un errore. Insieme si possono trattare meglio, anche con risposte di tipo legislativo. Infine Federcoop dovrebbe fare un ragionamento rispetto ai suoi soci e al fatto che la concorrenza interna è dannosa. Fra Sait e Dao, insomma, ci dovrebbe essere una convergenza, con principi solidaristici».
Per Walter Largher, segretario della Uiltucs, già la discussione di ieri ha intrapreso un binario diverso dal solito. «Parlando di ammortizzatori sociali, un conto è prospettare, ad esempio dopo un anno di cassa integrazione, solo licenziamenti. Un altro è prendersi un anno di tempo per poi trovare soluzioni alternative per creare più efficienza». Ragionamento secondo la Filcams Cgil significa che «nessuno deve rimanere a casa».
«Ma le Famiglie cooperative — si chiede Largher — vogliono bene o no al loro consorzio? A volte ci sembra che più che altro sia mal sopportato. Quello che serve è nuovo slancio, una stagione nuova in cui ognuno metta un po’ del suo». Certo, negli ultimi anni i rapporti con alcuni degli amministratori non sono stati idilliaci, fatto che ha portato a decisioni pesanti, come la riforma dello statuto che ha fortemente limitato la possibilità di uscire dal consorzio. In questo periodo il clima pare essere cambiato, in primis con l’elezione di Mauro Fezzi al vertice di Federcoop, dopo una mediazione con i «giossiani». In questo nuovo contesto «l’azienda si è detta disponibile a discutere dei numeri, entrando nel merito con una modalità costruttiva» chiude Largher.