«Non ci hanno creduto Occorre un Pd territoriale Non basta cavalcare l’onda del partito nazionale»
TRENTO Forse non si tratta di una sorpresa, ma a questo referendum il Pd del Trentino ha dimostrato una scarsa presa sul proprio elettorato. «Non ci hanno creduto» taglia corto il capogruppo Alessio Manica, che ora rilancia con forza l’idea di «un partito realmente territoriale». «Il Pd — dice — ha affrontato una sfida sicuramente imperfetta ma comunque coraggiosa. Abbiamo perso. Un voto politico ha travolto il nostro governo. Spero che la direzione nazionale faccia una riflessione sincera e larga. A livello nazionale, è l’ ultima possibilità per ricostruire un partito inclusivo. Un Pd che ha bisogno di Renzi ma che non può essere solo Renzi». Con la personalizzazione, insomma, si vince facile, ma si perde allo stesso modo. «A livello locale ed in parallelo con il Sud Tirolo, il voto ci consegna una debolezza della coalizione di governo. Ci siamo spesi con convinzione, ma non ci hanno creduto. Con tutta la stima, i numeri dimostrano che il problema non è stato l’orientamento di Dorigatti o Plotegher. Renzi e noi con lui non siamo risultati sufficientemente credibili agli occhi degli italiani e dei trentini. E poco consola un 40% che erroneamente qualcuno considera tutto nostro». La preoccupazione di Manica, oltre che il livello nazionale, riguarda il Trentino. «Il voto segna un’ultima chiamata per la coalizione provinciale per interrogarsi sul nostro progetto collettivo, sui perimetri, sulle sue minori connessioni con la comunità. Non basterà rinnovare la fiducia al presiedente, che non è in discussione, serve un movimento collettivo della coalizione che esca dallo smarrimento per generare pensiero, classe dirigente, fiducia. Dobbiamo tornare a pensare assieme fin dalla formazione, con una scuola unitaria per esempio, se vogliamo ridare al Trentino un vero progetto». Per il Pd la soluzione di Manica è sempre la stessa. «Il Pd deve declinarsi su questa terra e non appiattirsi sul nazionale. Deve avere l’ambizione di segnare un differenziale positivo con gli altri territori che ora è evidentemente svanito. Con la bocciatura del referendum si chiude un post congresso troppo lungo. Dobbiamo azzerare e ripartire assieme, con una nuova piattaforma politica, di priorità e di lavoro. Al segretario spetta questo sforzo. Il voto ha dimostrato che l’onda del nazionale come rapidamente monta, rapidamente può dissolversi. Il Pd del Trentino non lo si rilancia con un viaggio a Roma».