Falcon: «Consulta ancora utile Regione, nuovo equilibrio delicato»
TRENTO All’indomani dell’esito referendario che, con la riforma, ha cancellato la pur transitoria clausola dell’intesa, tra le altre emerge una domanda: cosa fare della Consulta per il terzo Statuto di autonomia? Bruno Dorigatti non ha dubbi: «Avanti con maggiore vigore». In diversi, però, anche nel Partito democratico, sottovoce la definiscono poco più di una perdita di tempo: senza clausola, portare in parlamento un riforma dello Statuto è giudicato oggi un suicidio politico. Il presidente della Consulta, Giandomenico Falcon, vede la cosa da un’altra prospettiva.
Presidente, la Consulta ha finito il suo compito?
«A me non pare affatto. Sono consapevole che, nel dibattito politico, c’è chi esprime questa opinione, ma personalmente ritengo che la necessità di un aggiornamento dello Statuto rimanga inalterata. Dal 1948, molte competenze sono transitate dalla Regione alle Province, ma senza aggiornamenti di fondo, tranne che per la parte finanziaria. Inoltre, la riforma del titolo V del 2001 ha modificato in parte la logica del rapporto con la legislazione statale. Oggi vi sono materie regolate da quella riforma e altre che seguono il “vecchio” Statuto».
Chi sostiene la necessità di andare avanti, osserva che una riflessione va comunque fatta, in modo da farsi trovare preparati quando le contingenze politiche renderanno nuovamente possibile una revisione dello Statuto.
«Nessuno di noi può sapere, oggi, quale praticabilità politica si configurerà domani a livello nazionale. Le condizioni si valuteranno successivamente. Già oggi, però, possiamo dire che un lavoro intellettuale di riordino e di aggiornamento dello Statuto merita di essere fatto».
Il voto di domenica, però, pare aver dimostrato che la coscienza autonomista della comunità trentina è per lo meno dubbia. Lei crede che un lavoro intellettuale di riordino e aggiornamento possa rafforzarla?
«Nel complesso, in Trentino Alto Adige ha prevalso il Sì, anche se non in Trentino. La Consulta già oggi prevede, dopo la formulazione di una prima proposta, un momento di partecipazione popolare. L’associazionismo che fa parte della Consulta ha già dimostrato di voler essere protagonista non solo di quel momento, ma della stessa progettazione della partecipazione. Consapevoli dei nostri limiti, io credo che anche su questo fronte la Consulta potrà essere utile».
Il nodo più difficile da sciogliere resta quello della Regione.
«È una questione molto delicata, ma i due presidenti ne hanno dato finora valutazioni molti simili, nessuno ne ha dato un giudizio di inutilità. Certo bisognerà definirne il ruolo: dalla gestione provinciale delle politiche non sembra si possa tornare indietro. La difficoltà sta nel ritagliare per la Regione un ruolo di condivisione almeno di alcune politiche che non sia impositivo nei confronti delle Province, ma tuttavia tangibile».