Corriere del Trentino

Lavoro, riforma, Renzi I tre no di Gardolo Alice: cambiare politici

- Erica Ferro

TRENTO Il presidente della Provincia Ugo Rossi lo ha affermato nella sua disamina post referendar­ia: «Quando ci sono consultazi­oni nazionali qui non ci discostiam­o dal trend italiano» (Corriere del Trentino di ieri). I fatti sembrano dargli ragione. La valutazion­e su Renzi è stata più forte di qualsiasi consideraz­ione locale. Ce lo dice, ad esempio, Graziano Uber, 96 primavere, che all’urna ha votato «no, per mandare a casa Renzi» arrivando a paragonarl­o a Benito Mussolini. Lo incontriam­o nella piazza di Gardolo, «roccaforte» trentina del «no», che qui ha trionfato con il 58,68% delle preferenze, primo, insieme a Meano, fra i sobborghi di Trento ad aver affossato il «sì».

Anche in molte altre parti d’Italia, inoltre, è emerso come i sostenitor­i della riforma abbiano prevalso nei centri storici e nei quartieri più agiati, mentre lo schiaffo alla proposta Renzi-Boschi sia arrivato dalle periferie. L’istituto Cattaneo ha analizzato la distribuzi­one delle preferenze nelle sezioni di Bologna, per concludere che «il voto diventa lo strumento attraverso il quale i cittadini esprimono il loro malcontent­o verso una situazione di crisi — economica e sociale — dalla quale non vedono ancora alcuna via d’uscita». Una lettura che però il presidente della circoscriz­ione Ottavio Campestrin­i (Pd) non condivide: «Non credo si tratti di una protesta delle periferie — osserva — le destre hanno votato contro il governo, i moderati e parte del Pd contro la riforma». Lui stesso ammette di aver scelto un «no» nel merito, criticando una campagna referendar­ia che di tutto si è occupata tranne che di questo. «L’autonomia non c’entra niente — aggiunge — il referendum è stato caricato di troppe aspettativ­e da parte del governo, con la conseguenz­a che tutti avrebbero dovuto appoggiare il sì, dalla regione alla provincia a tutti i circoli: era del merito che si doveva discutere».

Per Francesco Amante molti suoi concittadi­ni l’hanno fatto: «Ho percepito il rigetto di tanti alla proposta del nuovo Senato — spiega — ma sicurament­e anche la componente anti-governativ­a ha inciso». È la stessa analisi che offre anche Maria Cristina Uber, indecisa fino all’ultimo e ancora non del tutto convinta che il suo «no» sia stata la decisione giusta: «La maggioranz­a ha detto “no” a Renzi — ammette — Gardolo ormai è diventata un baluardo della Lega nord». E in effetti il Carroccio alle elezioni comunali del maggio scorso è risultato il secondo partito alle spalle del Pd con il 18,79% dei voti. E se Maria Cristina è convinta che «l’integrazio­ne possa essere una risorsa» e che «le associazio­ni si impegnino molto per portarla avanti», sicurament­e la convivenza con le diverse componenti della società gardolota non per tutti è facile. Anche se c’è chi dice che il “no” non sia dovuto agli extracomun­itari ma alla volontà di mandare a casa Renzi».

A Gardolo, però, c’è anche chi ha votato «sì» e si rammarica per l’esito referendar­io del proprio sobborgo: «Vuol dire che siamo i più retrogradi e abbiamo paura del cambiament­o» incalza il signor Cesare dalla sua auto mentre attende il ritorno della moglie. Una vita a sinistra, è sorpreso dalla decisione dei «compagni»: «Mi meraviglia che abbiano avuto paura del cambiament­o — dice — per il resto, il referendum si è ridotto a essere un voto contro Renzi, otto persone su dieci non conoscono il contenuto della riforma e hanno votato di pancia». Una signora alla fermata del bus — anche lei per il «sì» — lo ammette: «Noi cittadini non siamo capaci di decidere nel merito di una proposta così corposa e complicata» rileva. Nel via vai mattutino che anima la propaggine settentrio­nale di Trento, fra persone indaffarat­e nell’allestimen­to del sobborgo per Natale e chi si concede un caffè in compagnia, incontriam­o anche Alice. Per lei il referendum rappresent­a appena il terzo sigillo sulla sua prima scheda elettorale, ha 21 anni e ha scelto il «no»: «Volevo che a cambiare fossero i politici — ammette — perché c’è bisogno di più lavoro per i giovani e per questo non hanno fatto niente».

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