Settis: «I cittadini sono più maturi di quanto si pensi»
Lo storico dell’arte: «Positivo il responso in provincia. Legge elettorale? Un pasticcio nato dalla cialtroneria»
TRENTO Un referendum che getta una luce su un gran numero di cittadini «più maturi e capaci di riflettere di quanto si creda». Ulteriore risvolto positivo del referendum secondo Salvatore Settis, archeologo e storico dell’arte, già presidente del comitato scientifico del Mart e oggi al Louvre, che non ha mai nascosto la sua avversione alla riforma Renzi-Boschi.
Professore, si aspettava una vittoria così netta del «no»?
«Un divario così marcato penso abbia sorpreso tutti. Personalmente mi sono sempre augurato un risultato netto, perché vantaggioso per il Paese. Credo che i quasi venti punti di distacco fra “sì” e “no” siano rilevanti, in quanto praticamente identici a quelli del 2006 quando al referendum si bocciò la riforma BerlusconiBossi: in dieci anni la situazione politica è cambiata profondamente, ma le percentuali simili sono importanti».
Dal suo punto di vista cosa significano?
«Vuol dire che molti italiani sono convinti non si possa modificare la Costituzione in questo modo, rinnovando numerosissimi articoli in una sola volta e con una maggioranza parlamentare raffazzonata. Gli italiani sono più maturi e capaci di riflettere di quanto si creda».
Non ha prevalso, secondo lei, l’aspetto politico del voto?
«Certo, una componente di protesta c’è sicuramente. Ma nei mesi precedenti al referendum ho visitato almeno una quarantina di città e ho tastato il polso a gruppi di persone in centri anche molto diversi fra loro: ho l’impressione che una parte considerevole del Paese abbia votato “no” perché ci ha pensato, si è informata o ha cercato di farlo e mi sembra un fatto comunque positivo».
Dimissioni congelate fino al varo della legge di Bilancio, poi l’avvio delle consultazioni per la successione a Matteo Renzi: cosa accadrà secondo lei?
«Si deve rispettare il lavoro del presidente della repubblica, perché è compito suo stabilire se il prossimo sarà un governo tecnico o politico. Questo voto era su una proposta di riforma e Renzi l’ha voluto personalizzare: non c’è scritto da nessuna parte che dovesse farlo. Si è auto-rottamato perché ha puntato al tal punto sul plebiscito che questo si è trasformato in un boomerang».
Quanto alla legge elettorale?
«Un grandissimo pasticcio, dovuto all’incompetenza e alla cialtroneria di chi ha pensato solo al fatto che il Senato sarebbe stato abolito: ci troveremo ora a dover votare con due leggi. La cosa principale, tuttavia, è il verdetto della Corte costituzionale, che dovrà esprimersi sull’Italicum: può darsi che prima che un qualsiasi governo lo cambi, la Corte lo giudichi incostituzionale e si torni al Consultellum».
Come interpreta il «no» del Trentino?
«Non conosco abbastanza la realtà provinciale per dare una risposta adeguata. Ma mi rallegra che i trentini abbiano mostrato una sensibilità simile a quella di altre regioni limitrofe, a partire dal Veneto».