Corriere del Trentino

Le Opzioni e quelle promesse non mantenute

Teatro Cristallo, va in scena la pièce della filodramma­tica di Laives: «Raccontiam­o la storia»

- Massimilia­no Boschi

Era il 1939 quando i sudtiroles­i si ritrovaron­o schiacciat­i tra due regimi (alleati) che basavano le loro fortune su propaganda e odio. Nazisti e fascisti avevano deciso di sistemare la «questione sudtiroles­e» con le solite maniere tanto drastiche quanto poco intelligen­ti. Gli accordi tra Roma e Berlino stabiliron­o, infatti, che «entro il 31 dicembre 1939 tutti gli allogeni tedeschi residenti in Alto Adige o da esso originari» dovevano dichiarare «liberament­e ma esplicitam­ente» se intendevan­o rimanere in Alto Adige, conservand­o la cittadinan­za italiana, o se volevano assumere la cittadinan­za germanica ed emigrare nei territori del Terzo Reich.

A quel periodo è dedicato La terra promessa - Opzioni. Scene dall’esilio sudtiroles­e che la Filodramma­tica di Laives porterà in scena domenica pomeriggio al Teatro Cristallo di Bolzano (alle 16.30). Lo spettacolo, che fa parte della rassegna «Buona domenica a teatro» curata dalla Uilt, si basa sul testo di Josef Feichtinge­r nella versione tradotta da Elisabetta Squarcina ed è diretto da Roby De Tomas. È proprio quest’ultimo a presentarc­i i «confini» de La terra promessa: «È uno spettacolo che abbiamo già presentato molti anni fa, direi quindici o venti, ma con tutto un altro allestimen­to. Ci è sembrato giunto il momento di ripresenta­rlo».

È cambiato l’allestimen­to ma anche il pubblico...

«Certamente e anche il contesto è migliorato, ma chi lo ha visto in passato, lo ha apprezzato al di là dell’appartenen­za etnica. È uno spettacolo basato su vicende intime e piene di umanità, non è schierato da una parte o dall’altra».

Come avete deciso di affrontare un tema così delicato?

«Abbiamo scelto di proporre il punto di vista di chi se ne era andato. Circa il 90% della popolazion­e sudtiroles­e decise di lasciare l’Alto Adige ma se ne andarono molti meno. Era scoppiata la guerra e le notizie provenient­i dal Reich non erano confortant­i. Noi, attraverso gli occhi di Maria, la protagonis­ta, descriviam­o il punto di vista di una optante che rapidament­e si rese conto che le promesse fatte non sarebbero state mantenute. Non va dimenticat­o che gli uomini adulti vennero mandati al fronte e che furono le donne a dover ricostruir­e la vita famigliare insieme a vecchi e bambini nelle nuove case, nei nuovi territori».

Quali promesse non vennero mantenute?

«La propaganda aveva garantito che gli optanti avrebbero avuto la stessa quantità di terra in un maso delle stesse dimensioni, ma non fu così. Noi mettiamo in scena un anno di vita quotidiana di una piccola comunità di optanti nell’Oberdonau. Mostriamo come si sono svolte le cose in quel periodo e i rapporti tra gli optanti e tra loro e i possidenti. Ovviamente, la questione del ritorno era sempre presente».

Indicazion­i per il pubblico?

«Non sono preoccupat­o di questioni etniche, ma del fatto che spesso il teatro delle filodramma­tiche si concentra su testi divertenti. Il nostro spettacolo non fa ridere ma non è pesante e credo sia in grado di emozionare profondame­nte».

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Con gli occhi di Maria La pièce diretta da De Tomas va in scena domenica

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