Corriere del Trentino

Da medico a clochard La storia di Giorgio

Bonomelli, il racconto di chi va a rifugiarsi dal freddo

- Di Andrea Rossi Tonon

«S ono pugliese. Facevo il medico. Poi ho perso la famiglia, il lavoro e subito dopo l’appartamen­to in cui vivevo in affitto». Inizia così il racconto di Giorgio, un medico clochard, finito sulla strada. Dalla Puglia al Trentino, all’opera Bonomelli, per trovare un piatto caldo e un letto dove dormire. Giorgio prima di arrivare a Trento ha attraversa­to l’Italia, dalla Toscana a Roma. Della capitale conserva un ricordo triste. «Non so come faccia a esistere un tale degrado» dice. «Anche in Trentino è difficile lavorare». E domani? «Spero arrivi una telefonata per un lavoro».

TRENTO Fuori dalla casa di accoglienz­a Bonomelli il termometro segna 2 gradi. È sera, manca un quarto d’ora alle 19, e attraverso il buio rischiarat­o solo da un lampione stradale cominciano ad arrivare le prime persone. Sono alcuni dei cinquantan­ove che in quella struttura trovano rifugio dal freddo della notte.

Non hanno il posto garantito per sempre: devono presentars­i ogni giorno alle 19 in punto, altrimenti il loro letto verrà assegnato a qualcun altro. E ce ne sono tanti. «Per questo mi ritengo addirittur­a fortunato» spiega Giorgio (il nome è di fantasia). È un uomo di mezza età, ordinato e dai modi garbati. Intorno a lui ci sono altre quattro persone, due italiani che non hanno nessuna voglia di raccontare come sono arrivati lì e due stranieri che non lo possono fare perché dicono di capire poco l’inglese e per nulla l’italiano. Giorgio, invece, in breve acconsente.

«Sono pugliese. Facevo il medico. Poi ho perso la famiglia, il lavoro e subito dopo l’appartamen­to in cui vivevo in affitto». Allora decide di rivolgersi ad alcuni amici superando un limite impostogli dalla dignità: «Mi hanno dato quello che potevano ma nemmeno loro navigavano nell’oro». Non può rimanere in Puglia, perché il lavoro manca più che in molti altri posti e «strutture come questa non esistono proprio», dice indicando gli interni della Bonomelli. È il 2015 e Giorgio inizia un viaggio che lo conduce in Toscana, poi in Emilia Romagna, in Veneto e infine a Trento. «Sono stato anche a Roma ma sono fuggito perché c’è una situazione incredibil­e di degrado sociale», dice.

In Toscana inizia subito a cercare un nuovo impiego, anche solo un lavoretto, ma non lo trova. Così si sposta a Bologna. Stessa cosa, e lo stesso accade anche a Venezia, dove una sera d’estate gli rubano anche la valigia. «Era il mio mondo, c’era tutto quello che possedevo: documenti, vestiti, scarpe». Si risveglia con meno di niente e allora sale ancora più a Nord, lì dove gli hanno raccontato che esiste una situazione migliore. «Per certi versi è così, ma per altri no — spiega — Ci sono buone strutture e veniamo accolti bene, ma mi è capitato di aver bisogno di un farmaco e di non avere i soldi per acquistarl­o. Così mi sono rivolto a un ente caritatevo­le ma non c’è stato verso mentre in Emilia non avevo avuto problemi. Per fortuna ho trovato un infermiere gentile». Della carità di quel medico Giorgio racconta come se stesse parlando di un privilegio perché «stando per la strada ti accorgi che dietro di te c’è sempre qualcuno che sta peggio». Una realtà che, come spiega l’ex dottore pugliese, «da fuori intuisci solo in parte, ma quando ti ci ritrovi è devastante». Giorgio continua a cercare un nuovo impiego. Ma è difficile «perché, anche in Trentino, c’è chi preferisce far raccoglier­e la frutta o lavare i piatti a uno straniero, che può evitare di mettere in regola e quindi pagare meno».

E domani? «Non so cosa farò. Come ogni giorno mi auguro di ricevere qualche telefonata per un colloquio, sperando che l’appuntamen­to non sia troppo tardi perché alle 19 devo essere qui o perdo il posto».

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