«Scuola, clima rissoso: fermiamoci»
Pasini, presidente provinciale dei presidi, commenta l’impennata di ricorsi. «È un tratto comune a grandi e piccoli»
«Il clima scolastico è meno sereno perché non si accettano più le decisioni». La riflessione è di Alessandra Pasini, presidente provinciale dell’Associazione presidi, che commenta così l’impennata di ricorsi: «È un tratto comune a grandi e piccoli».
TRENTO «Il clima scolastico è meno sereno perché grandi e piccoli non accettano mai le decisioni. È un segnale dei tempi, nella scuola come nella società». Alessandra Pasini, dirigente scolastica all’istituto «Pilati» di Cles e presidente provinciale dell’Associazione presidi, è una voce attenta alle conseguenze dei cambiamenti — negativi o positivi — che si verificano fra adulti e giovani. E che sempre più si trasferiscono dalle aule della scuola a quelle dei tribunali: 108 ricorsi in un anno, uno ogni tre giorni (vedi Corriere del Trentino di ieri), sono un termometro che misura una febbre in salita. Un contenzioso che dalle aule dei tribunali ritorna poi nelle scuole. Un deterioramento dei rapporti umani che la dirigente Pasini coglie nel suo lavoro quotidiano a contatto con docenti, studenti e famiglie.
Perché nel mondo della scuola assistiamo a un crescente numero di ricorsi presentati sia alla giustizia amministrativa sia a quella ordinaria?
«Ogni motivo è utile per avviare un contenzioso. Tutti si sentono legittimati a presentare un ricorso perché non vi è certezza. Più incertezza significa più ricorsi e clima più teso. Lo avverto tutti i giorni a scuola e fuori. In questa situazione di attesa di un giudizio da parte della magistratura si creano aspettative che portano a lavorare peggio».
Una situazione che si percepisce anche in classe?
«Voglio essere fiduciosa verso la professionalità degli insegnanti affinché non portino in classe questa situazione. Ma certo i tempi sono preoccupanti».
E come si comportano i ragazzi?
«I giovani sono i figli di questa società. Vedono il comportamento degli adulti e lo imitano. Oggi i ragazzi sono per esempio portati a non accettare un voto o un giudizio. Anche se avviene raramente che questa opposizione si traduca in un ricorso al Tar».
Quali possono essere le cause?
«Tutti abbiamo contribuito a creare questo clima, a partire dal mondo della politica che non sempre ha agito in maniera coerente. Ci sarebbe estremo bisogno di regole certe, chiare e stabili mentre invece le norme cambiano in continuazione. Si veda per esempio la questione degli ambiti territoriali o delle due ore alle elementari, prima obbligatorie, poi opzionali e infine di nuovo obbligatorie. Senza contare la maturità: non si può dire ai ragazzi dell’ultimo anno che l’esame cambia; dobbiamo fissare delle regole che partono dal terzo anno e rimangono inalterate per l’intero triennio. Questa incertezza è dannosa».
Cosa fare per limitare i ricorsi alla magistratura?
«Prima di tutto è molto importante fare le cose bene, con grande competenza. Oggi più che mai. Lo ripeto: norme semplici e chiare. E poi tutti dovremmo fermarci un attimo. Per il bene della collettività sarebbe opportuno imparare ad accettare anche le cose che non ci piacciono. Perché si è sempre alla ricerca della condivisione? Pensiamo ad accettare una norma, anche senza condividerla».
Sarà sufficiente?
«Serve un atto di onestà intellettuale: tutti dovremmo contribuire a migliorare la situazione e smetterla di alimentare l’attuale condizione di rissa».