Corriere del Trentino

Nuove religioni, crescita costante «Pluralità positiva»

L’ultimo fenomeno sono gli evangelici. Martinelli: «Frammentaz­ione? No, pluralità»

- Voltolini

Crescono le religioni in Trentino. Effetto della pluralità di confession­i e delle religioni portate dall’immigrazio­ne. L’ultimo fenomeno sono gli evangelist­i. La diocesi: «Nasce una nuova identità».

TRENTO Le religioni sono un mosaico che diventa anche in Trentino sempre più ricco di colori. Per l’intreccio tra la pluralità di confession­i — anche all’interno delle grandi famiglie monoteiste, ma non solo — e quella etnica portata da immigrazio­ne e globalizza­zione. Un mondo sfaccettat­o, in continuo cambiament­o (l’ultima novità è la crescita delle realtà evangelich­e libere), nel quale in dialogo è una pratica indispensa­bile. Trasformar­e la frammentaz­ione in relazione è lo scopo del Tavolo locale delle appartenen­ze religiose che domani, alle 17, nella sala della fondazione Caritro di via Garibaldi, a Trento, promuove l’incontro «Buone notizie dalle religioni», nella Settimana Onu per l’armonia fra i culti. «La sfida per le confession­i è diventare laboratori di relazione, contro la virtualità e le divisioni del mondo contempora­neo» riflette Alessandro Martinelli, direttore dell’ufficio ecumenico della diocesi e coordinato­re del Tavolo.

Qual è lo stato dell’arte dei rapporti tra religioni in Trentino?

«Possiamo dire che è positivo, all’interno di un quadro complesso, in evoluzione, che ancora si fa fatica a comprender­e. Il Tavolo, nato nel 2001, svolge un lavoro continuo, di cui fa parte anche l’incontro di domani. Vi partecipan­o la maggior parte delle aggregazio­ni religiose. Con altre, ad esempio il mondo evangelico libero, si cerca di costruire una relazione».

Quanti colori ha il mosaico della spirituali­tà locale?

«Tanti. Nella nostra esperienza abbiamo visto scaturire la diversità. Il cristianes­imo, ad esempio, comprende la chiesa cattolica, le tre confession­i ortodosse (rumena, serba, russa), gli evangelici valdesi e luterani, i copti eritrei. Il mondo islamico non è un monolite. Accanto alla comunità islamica ci sono altre realtà, la federazion­e islamica, di area marocchina, le comunità pakistane, il centro di Cles, il Forum Alb macedone. Poi figurano la comunità ebraica regionale di Merano, i baha’i, i sikh, induisti e le realtà buddiste. Fuori dal Tavolo, vi è la crescita degli evangelici liberi».

Di provenienz­a sudamerica­na?

«Non solo. Anche centrafric­ana e cinese. Senza dimenticar­e i battisti pakistani. Con qualcuno si comunica, con altri si è alla ricerca. Ciò che però è importante è che emerge una grande pluralità. Un elemento positivo. Tante donne e uomini consideran­o la fede importante e vivono la stessa realtà locale. Nasce una nuova identità del Trentino».

La frammentaz­ione, da parte di realtà più o meno strutturat­e, rischia di portare a una chiusura reciproca?

«Solo se si intende la fede, in modo sbagliato, come un muro, un ostacolo al riconoscim­ento dell’altro, della sua differenza. Io però non vedo frammentaz­ione, ma pluralità. Nessuna fede è monolitica. Il Tavolo ne è la prova».

Conoscenza e dialogo sono i primi passi?

«Io credo che bisognereb­be partire da una mappatura, non per sapere chi fa cosa, ma per avere un’idea, e comunicarl­a all’esterno, di quante esperienze ci sono oggi in provincia, in tutte le valli. Il Trentino solo cattolico e gli stranieri o musulmani o ortodossi è una dicotomia ormai desueta, che non fotografa la realtà attuale».

L’esclusione può generare fondamenta­lismi, oppure l’islamofobi­a, alimentata dalle paure che si propagano nei media?

«Il lavoro paziente del Tavolo va nell’ottica di comprender­e e far comprender­e che tutti i fondamenta­lismi nascono dal disagio umano, sociale e religioso, da una cattiva alfabetizz­azione di fede, propria e degli altri. Stare assieme è possibile, i segnali positivi qui li vediamo».

Il Trentino è un buon esempio?

«Conosco la realtà interrelig­iosa del Nordest e posso dire che in questa provincia le cose appaiono serene e serie. Certo, i fatti che avvengono nel mondo possono incidere sulla percezione dei cittadini. La questione grave è l’ignoranza di base. Sono fondamenta­li i luoghi di confronto, in cui le persone possono esprimersi, non di pancia, e trovare risposte. Le religioni devono essere piccoli laboratori di relazione e incontro, fuori dalla virtualità e dalle contrappos­izioni odierne».

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(Rensi) L’analisi Alessandro Martinelli è il direttore dell’Ufficio ecumenico della diocesi e coordinato­re del Tavolo delle appartenen­ze religiose

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