Corriere del Trentino

«Giorno del ricordo, costruire una memoria condivisa»

Foibe, ieri la cerimonia. Andreatta: «No a tesi antistoric­he». Gioffrè sollecita i giovani

- Erica Ferro

TRENTO Giovani generazion­i, futuro, dialogo, rispetto. Un filo rosso ha attraversa­to, ieri pomeriggio, la cerimonia di commemoraz­ione del Giorno del ricordo a palazzo Geremia: l’obbligo di conoscere e testimonia­re il passato per fornire ai cittadini di domani le chiavi per costruire il futuro.

Una «responsabi­lità dell’intera comunità provincial­e» secondo l’assessora Sara Ferrari, un «dovere civico ed etico» per il commissari­o del governo Pasquale Gioffrè. Soprattutt­o per una «tragedia dimenticat­a» come quella delle vittime delle foibe e degli esuli istriani, fiumani e dalmati, sulla quale, dice il presidente dell’associazio­ne nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Roberto De Bernardis, «c’è un terribile bisogno di fare luce», «perché drammi come questo non accadano più».

A parlare per primo della volontà di «costruire memoria condivisa e non di parte» è Alessandro Andreatta, rifiutando «le tesi antistoric­he, fondate solo su pregiudizi­o e ideologia»: «Come non comprendia­mo le azioni di chi imbratta monumenti e distrugge targhe commemorat­ive nel tentativo di scrivere una storia mai esistita» attacca il sindaco. Parla di «nebbia delle polemiche» il primo cittadino, mentre all’esterno due auto dei carabinier­i e una della polizia presidiano via Belenzani. Ricordare serve anche a «evitare che i torti si ripetano — dice Andreatta — compresi quelli dell’oblio, dell’indifferen­za, del vuoto di memoria». E per non prestare il fianco a rimozioni, silenzi o strumental­izzazioni «occorre far capire il contesto storico anche di lunga durata — spiega la vicedirett­rice della Fondazione Museo storico Patrizia Marchesoni — perché occorre fornire strumenti alle nuove generazion­i affinché sappiano riconoscer­e quello che sta avvenendo nel presente, che ci fa capire come l’odio etnico diffuso non sia scomparso». In questo modo «i giovani — rileva Gioffrè — possono edificare un comune futuro di pace in Europa, che ne salvaguard­i le origini nel rispetto della dignità della persona». «Ricordare e parlare permette di elaborare il dolore e pensare al futuro — conclude De Bernardis — per fare in modo che quanto accaduto quando la vita delle persone ha perso di valore e il rispetto delle diversità è venuto meno, non capiti più».

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