«Giorno del ricordo, costruire una memoria condivisa»
Foibe, ieri la cerimonia. Andreatta: «No a tesi antistoriche». Gioffrè sollecita i giovani
TRENTO Giovani generazioni, futuro, dialogo, rispetto. Un filo rosso ha attraversato, ieri pomeriggio, la cerimonia di commemorazione del Giorno del ricordo a palazzo Geremia: l’obbligo di conoscere e testimoniare il passato per fornire ai cittadini di domani le chiavi per costruire il futuro.
Una «responsabilità dell’intera comunità provinciale» secondo l’assessora Sara Ferrari, un «dovere civico ed etico» per il commissario del governo Pasquale Gioffrè. Soprattutto per una «tragedia dimenticata» come quella delle vittime delle foibe e degli esuli istriani, fiumani e dalmati, sulla quale, dice il presidente dell’associazione nazionale Venezia Giulia e Dalmazia Roberto De Bernardis, «c’è un terribile bisogno di fare luce», «perché drammi come questo non accadano più».
A parlare per primo della volontà di «costruire memoria condivisa e non di parte» è Alessandro Andreatta, rifiutando «le tesi antistoriche, fondate solo su pregiudizio e ideologia»: «Come non comprendiamo le azioni di chi imbratta monumenti e distrugge targhe commemorative nel tentativo di scrivere una storia mai esistita» attacca il sindaco. Parla di «nebbia delle polemiche» il primo cittadino, mentre all’esterno due auto dei carabinieri e una della polizia presidiano via Belenzani. Ricordare serve anche a «evitare che i torti si ripetano — dice Andreatta — compresi quelli dell’oblio, dell’indifferenza, del vuoto di memoria». E per non prestare il fianco a rimozioni, silenzi o strumentalizzazioni «occorre far capire il contesto storico anche di lunga durata — spiega la vicedirettrice della Fondazione Museo storico Patrizia Marchesoni — perché occorre fornire strumenti alle nuove generazioni affinché sappiano riconoscere quello che sta avvenendo nel presente, che ci fa capire come l’odio etnico diffuso non sia scomparso». In questo modo «i giovani — rileva Gioffrè — possono edificare un comune futuro di pace in Europa, che ne salvaguardi le origini nel rispetto della dignità della persona». «Ricordare e parlare permette di elaborare il dolore e pensare al futuro — conclude De Bernardis — per fare in modo che quanto accaduto quando la vita delle persone ha perso di valore e il rispetto delle diversità è venuto meno, non capiti più».