Il progetto di Trento per la quantistica
Trento prepara la squadra di super scienziati per esplorare i confini della fisica quantistica. L’ateneo, la fondazione Bruno Kessler e l’unità provinciale del consiglio nazionale delle ricerche stanno infatti predisponendo il «Quantum at Trento», o Q@TN, un laboratorio in cui coordinare ricerca, trasferimento tecnologico e alta formazione nel settore delle scienze e tecnologie quantistiche.
L’attività del laboratorio si concentrerà su cinque aree: comunicazione, calcolo, simulazioni, sensori e fisica teorica. In ognuna di esse saranno impegnati un ricercatore post-dottorato e due studenti di dottorato, per un totale di quindici persone, a cui spetterà anche il compito di fare la sintesi dell’attività in corso nei diversi laboratori dell’università, di Fbk e del Cnr. «Lo scorso 20 gennaio abbiamo tenuto un workshop di scienze e tecnologie quantistiche per fare il punto su ciò che già stiamo facendo e chi se ne sta occupando» ha spiegato Gianluigi Casse, direttore del centro Materiali e Microsistemi di Fbk. Il quale ha poi aggiunto che «il risultato è stato sorprendentemente positivo».
L’obiettivo è di rendere competitivo Q@TN entro il 2018, quando la Commissione europea lancerà l’«iniziativa faro» del settore che prevede un finanziamento di un miliardo di euro in dieci anni. Secondo le stime, affinché il laboratorio sia pronto per allora servirà un finanziamento di 1,3 milioni di euro distribuiti sui tre anni, fondo che sta per essere richiesto alla Provincia.
L’integrazione tra ricerca e possibili sbocchi commerciali viene già esplorato dai dipartimenti scientifici dell’ateneo ed Fbk, che collaborando hanno sviluppato un microchip avanzato basato proprio sulla scienza quantistica. «Insieme abbiamo progettato un sistema composto da un emettitore di luce e da un rilevatore a singolo fotone, che consente di generare numeri e codici impossibili da predire» ha spiegato Lorenzo Pavesi, direttore del dipartimento di Fisica. La prima applicazione possibile di tale sistema è legato alla sicurezza nelle telecomunicazioni. «Possiamo paragonare i sistemi attuali a un lancio di dadi, in cui se conosco tutte le condizioni iniziali posso predire il risultato finale, e quindi avere a disposizione la chiave per leggere i messaggi — continua Pavesi — Non posso invece prevedere quando un emettitore di luce produrrà un fotone».
Il prototipo trentino si è evoluto nel tempo e, partito da un sistema delle dimensioni di un metro quadrato, ha raggiunto la grandezza di un microchip facilmente installabile in uno smartphone. Il sistema è stato quindi brevettato e il prossimo passo è lo sviluppo di un oggetto più completo in collaborazione con due aziende leader del settore come Id Quantique e Bosch.