Corriere del Trentino

Arriva Il Ballo di Viganò «La società giudica tutti»

Il regista: «Viviamo condiziona­ti dalle opinioni altrui»

- Massimilia­no Boschi

«Noi abbiamo il coltello per il manico e la lama nella carne, noi abbiamo la meta davanti agli occhi, il passero in pugno, il corvo sulla spalla, il pollo in pentola, il capello nella minestra, l’anello al dito e infilato nel naso. Siamo tutti muniti di anello alla gamba posteriore come uccelli rari. Non abbiamo più ali ma meno fastidi». Così termina Inventario, poesia di Rolf Heuer, e così inizia Il ballo lo spettacolo di Antonio Viganò e del Teatro La Ribalta che andrà in scena domani e venerdì sera al Teatro Comunale (alle 20.30), terzo appuntamen­to della rassegna «Altri percorsi» curata dallo Stabile di Bolzano.

Per il regista brianzolo, trapiantat­o a Bolzano, Il Ballo è qualcosa di più del nuovo spettacolo, è «il manifesto poetico della compagnia». Gli abbiamo chiesto il perché: «Perché in scena c’è quasi tutta la compagnia — spiega — Tredici attori per uno spettacolo corale e forte che consideria­mo una alta e bella scommessa. Ma è il nostro manifesto soprattutt­o perché portiamo in scena uno spettacolo che ci riguarda. Ci siamo ispirati a Sartre che spiega come sia lo sguardo degli altri a definirci e questo, per la nostra speciale compagnia, ha un senso immediato e un effetto preciso. Come attori e come persone».

E tornate al teatro-danza...

«Fa parte della nostra poetica che credo sia originale e ormai riconoscib­ile. È il frutto della collaboraz­ione con Julie Ann Stanzak ma è anche il mio modo personale di vedere il teatro».

Ha definito «Il ballo» uno spettacolo con grandi muri e senza finestre. È un anche un manifesto pessimista?

«I personaggi dello spettacolo sono prigionier­i in una stanza che è metafora del mondo, prigionier­i delle abitudini e delle convenzion­i e per chi vive così, probabilme­nte, è meglio non trovare finestre per evitare altri tormenti».

Ecco, appunto, sembra proprio un manifesto pessimista.

«No, ha anche momenti divertenti, non è un tunnel. Lo spettacolo è ispirato a A porte

chiuse di Jean Paul Sartre e Luigi Pirandello. In particolar­e, partiamo dal presuppost­o pirandelli­ano che tutti ci giochiamo la maschera sociale al di là del benessere e che siamo altro di quanto appariamo. Per noi, però, il riscatto è che siamo in scena per uno spettacolo. La nostra possibilit­à di raccontare è chiarament­e liberatori­a. È anche un’indagine sul senso di questa nostra appartenen­za al teatro».

Il teatro non è più una finestra aperta sul mondo?

«Sì, ma credo che in parte sia cambiata la sua funzione. Prima era un luogo di finzione, lo è ancora, ma oggi si va a teatro anche per trovare la verità, per vederla svelata».

Tredici attori in scena per «Il Ballo», una lunga tournée internazio­nale, dall’Iran alla Polonia. La vostra compagnia non smette di crescere ....

«Credo che grazie a Il ballo l’intera compagnia abbia fatto un grande salto di qualità, per forza poetica e di linguaggio, ma anche per il ritmo e i codici coreografi­ci. Credo che gli attori ne escano molto bene e il risultato si vede».

È uno spettacolo corale e forte, con 13 attori : è il nostro manifesto

La funzione del teatro è mutata: il pubblico non vuole la finzione, ma la verità

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