Corriere del Trentino

Immigrati, continua il calo La crisi blocca gli ingressi

I nuovi permessi legati a motivi familiari. Oltre 3.000 persone hanno ottenuto la cittadinan­za

- Ferro

Continua a diminuire il numero di immigrati in Trentino. Dopo la svolta «storica» registrata l’anno scorso, anche il rapporto 2016 del Cinformi conferma la tendenza alla diminuzion­e delle persone straniere residenti in provincia (- 3,3% nel 2015 rispetto all’anno precedente) e la riduzione, complice anche la crisi economica, del numero dei nuovi ingressi di cittadini non comunitari (- 4,2%). I nuovi permessi sono legati a motivi familiari. Oltre 3.000 persone hanno ottenuto la cittadinan­za.

TRENTO Il calo è ormai un trend. Dopo la svolta «storica» registrata l’anno scorso, anche il rapporto 2016 del Cinformi dedicato all’immigrazio­ne in Trentino conferma la tendenza alla diminuzion­e delle persone straniere residenti in provincia (- 3,3% nel 2015 rispetto all’anno precedente) e la riduzione, complice anche la crisi economica, del numero dei nuovi ingressi di cittadini non comunitari (- 4,2%). «Stiamo transitand­o da un passato di forte crescita a un presente di relativa “stazionari­età”» spiega Serena Piovesan, sociologa dell’area studi e ricerche del Cinformi e curatrice, assieme a Maurizio Ambrosini e Paolo Boccagni, del rapporto. Il motivo principale? Le acquisizio­ni di cittadinan­za italiana, 3.292, in Trentino, solo nel 2015, il 60% in più rispetto al 2014. Se c’è una migrazione che cresce, invece, seppur mantenendo­si nell’ordine del 3% delle presenze straniere in provincia, è quella forzata: nel corso del 2016 sono stati accolti 1.276 migranti attraverso il progetto di accoglienz­a straordina­ria (erano 1.157 nel 2015) e 199 attraverso lo Sprar (il Sistema di protezione per richiedent­i

Dai profughi dunque, la cui presenza sul territorio è molto mobile e non necessaria­mente destinata a stabilizza­rsi, alle comunità ormai radicate da tempo, il quadro delle presenze straniere in Trentino è sempre più dinamico e complesso. Lo «zoccolo duro» dell’immigrazio­ne in provincia è composto dai 48.466 residenti stranieri, che rappresent­ano il 9% della popolazion­e totale: due terzi provengono da uno Stato europeo, il 30% è «comunitari­o» in senso stretto, con la Romania che si conferma ancora come principale Paese di provenienz­a (21% dei residenti stranieri, circa 10.200 persone), seguita da Albania, Marocco, Macedonia e Moldavia. Una presenza andata connotando­si per la predominan­za femminile (53,7%), dove le seconde generazion­i sono sempre più presenti (nelle scuole i nati in Italia, 6.300, hanno raggiunto il 65,5% del totale degli alunni stranieri con il 91% nella scuola dell’infanzia), diffusa capillarme­nte sul territorio (ogni Comune trentino conta in media dal 4 al 12% di cittadini stranieri, con picchi anche del 25), ma in netto calo rispetto all’anno precedente. La diminuzion­e, rispetto al 2014, è stata di circa 1.600 unità (un calo del 3,3%). La principale determinan­te, si diceva, è l’acquisizio­ne della cittadinan­za: tra il 2005 e 2015 circa 14.600 persone sono diventate italiane e sempre più per anzianità di residenza (l’88% circa del totale nel 2015) a scapito delle concession­i per matrimonio.

Nuovi permessi

Il segno di un passaggio storico evidente si nota anche nei nuovi permessi di soggiorno (rilasciati a un numero sempre minore di cittadini non comunitari, 1.676 nel 2015, - 4,2% rispetto al 2014): di fronte anche alla crisi economica, è ormai ridottissi­mo il peso di quelli per motivi di lavoro (8%)e a fare la parte del leone sono quelli per motivi di famiglia (53%) e per asilo o ragioni umanitarie (17%). Sul totale dei permessi con scadenza in corso di validità al primo gennaio 2016, i motivi familiari incidono per il 56% (contro il 33% del 2011), le cause asiloumani­tarie per l’8% (era il 3% nel 2011), il lavoro per il 27% (a fronte del 57,5% di cinque anni prima).

La crisi del lavoro

Il rapporto, d’altro canto, mette in luce una crescente difficoltà di inclusione dei migranti nel mercato del lavoro, eccezion fatta per la componente femminile nel settore di cura: l’occupazion­e straniera non stagionale si è contratta anche nel 2015 (- 1.200 unità, prevalente­mente maschi, impiegati nel settore manifattur­iero), è caratteriz­zata da una persistent­e concentraz­ione nelle qualifiche operaie (8 casi su 10) e risulta essere più temporanea (1 su 4)e a tempo parziale (il 30%, in due casi su tre non volontario) che fra gli italiani.

Se c’è un settore, invece, che non conosce crisi e dove l’immigrazio­ne è indispensa­bile, è il fronte del lavoro di cura e assistenza: in provincia su cinque persone occupate in questo campo, quattro sono immigrate (circa 5.000). Per le straniere (come per le italiane) continua l’incremento delle posizioni di assistente familiare (+ 2,6% rispetto al 2014) e l’arretramen­to di quelle di collaborat­rice familiare (- 9,3%). Difficile immaginare, secondo quanto emerge dai dati, un’economia trentina senza il contributo dei cittadini immigrati: lavoro di cura a parte, in agricoltur­a tre assunzioni su quattro si riferiscon­o a stranieri, nell’industria quasi uno su tre, nei servizi uno su quattro. Aumentano anche le imprese con un titolare nato all’estero, 2.481 al 30 settembre 2016, l’8,7% sul totale delle aziende in Trentino. Sono concentrat­e soprattutt­o nelle attività di trasporto e magazzinag­gio (21,6%), nelle costruzion­i (19%) e nei servizi alle imprese (18,3%).

Il dato «preoccupan­te», tuttavia, come fa notare Piovesan, riguarda il tasso di disoccupaz­ione degli stranieri, in crescita di circa il 2% rispetto al 2014 e con un divario sempre più ampio con quello degli italiani (17,5% a fronte del 5,6%).

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