Riforma cultura, La Monica avverte «Più burocrazia»
Pienone al dibattito del Diocesano. Martinelli (Provincia): il sistema attuale è insostenibile
TRENTO Sala piena e interventi accorati. La riforma della cultura è stata ieri al centro di un intenso dibattito pubblico organizzato dal Museo diocesano tridentino. Dopo l’approfondita analisi dei sistemi legislativi e della struttura organizzativa delle reti museali di Lazio e Toscana svolta da Denise La Monica, coordinatrice del progetto di ricerca sui sistemi museali in Italia della Normale di Pisa, il pubblico formato in buona parte da professionisti del settore ha segnalato alcuni passaggi critici del disegno di legge Mellarini.
Il primo punto rilevato è l’introduzione dei «poli tematici subprovinciali» e alla decisione di vincolare il finanziamento ai musei di interesse provinciale all’adesione a tali strutture organizzative. «Ogni museo, in base alla sua dotazione, può fare parte in linea teorica di più poli» ha sostenuto Vincenzo Calì, ex direttore del museo storico, il quale ha poi aggiunto che «per esempio la “contemporaneità” non può valere come polo in sé dato che ogni museo deve rispettarla. Questa rigidità sulla divisione crea dei problemi organizzativi». Critico verso la suddivisione in poli è stato anche il presidente del museo della guerra di Rovereto, Alberto Miorandi, secondo il quale «siamo di fronte a scelte politiche». Analizzando le normative degli altri territori, La Monica ha spiegato che «alla creazione dei poli tematici deriva l’obbligo della loro strutturazione amministrativa e quindi si apre al rischio di un maggior livello di burocrazia generale». In secondo luogo «l’adesione di ogni museo a un solo polo potrebbe comportare un’ingessatura dell’attività», in controtendenza rispetto all’andamento nazionale. Tutto ciò a livello teorico. Perché La Monica ha portato ad esempio i casi di Liguria e Puglia, dove «a fronte di una buona strutturazione normativa non è conseguita la creazione di sistemi altrettanto buoni. Una buona legge non basta, servono anche atti di programmazione e riconoscimenti». Buoni spunti per il Trentino potrebbero arrivare, secondo la studiosa, dalle reti create dalle Province di Mantova e Ancona: una sola amministrazione ma con i musei liberi di organizzarsi.
La mancanza di organismi di gestione trasversale avrebbe potuto essere affrontata e risolta da tempo in quanto la legge 15 del 2007, come ricordato dal responsabile del Servizio cultura della Provincia, Carlo Martinelli, «li prevedeva e questo nuovo disegno di legge li rafforza». «La legge non solo regolamenta il sistema museale — prosegue Martinelli — ma tende a collegare i distretti culturali e sostiene il rapporto con lo sviluppo locale». Il punto nodale è, secondo Martinelli, «che con il calo delle risorse il sistema attuale è insostenibile per cui bisogna crearne uno in cui i servizi siano messi in comune». Proprio il tema delle relazioni tra le diverse istituzioni museali è uno dei punti critici del sistema trentino secondo la direttrice del Castello del Buonconsiglio Laura Dal Prà: «Abbiamo tanto — dice — Dobbiamo individuare formule che ci costringano a parlarci per trovare dei progetti trasversali nel rispetto delle diversità». La mancanza di comunicazione tra Provincia e addetti ai lavori è stata al centro di un’altra critica sollevata da alcuni direttori di musei. Domenica Primerano, alla guida del museo diocesano, ha in particolare evidenziato a Martinelli che «non coinvolgerci in una discussione prima della stesura del testo è una mancanza di rispetto nei confronti della nostra professionalità». Accorati anche gli interventi di Camillo Zadra, provveditore del museo della guerra di Rovereto, e Salvatore Ferrari (Italia nostra) che ha chiesto lo stralcio dei poli museali dal disegno di legge.