Corriere del Trentino

Chirurgia, 1600 interventi annui Cresce l’obesità, tanti si operano Cento sono in lista di attesa

- di Dafne Roat © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

TRENTO Interventi sempre più mirati e meno invasivi. La chirurgia robotica, i nuovi studi sull’uso del tracciante fluorescen­te per la rilevazion­e del linfonodo «sentinella» hanno permesso alla chirurgia di fare grandi passi in avanti, soprattutt­o nell’ambito della cura dei tumori.

Dal 2010 in Trentino si effettuano anche gli interventi di chirurgia dell’obesità patologica, oggi vengono eseguite 50 operazioni l’anno, anche se la chirurgia oncologica, in particolar­e senologica, del colon e di tutto il tratto gastro intestinal­e, rappresent­a, a livello numerico, la parte più importante del lavoro dell’Unità operativa di chirurgia prima divisione dell’ospedale Santa Chiara di Trento. E resta la priorità. Poi ci sono gli interventi per le patologie endocrine tiroidee, anche questi molto frequenti, e la chirurgia toracica per i tumori polmonari.

I numeri

Sono solo alcuni esempi del lavoro che affronta ogni giorno l’équipe guidata dal primario Giuseppe Tirone, direttore dell’unità dal 2010. In sei anni, dal 2010 alla fine del 2016, sono stati effettuati 11.700 interventi, di cui 7.300 in ordinario, quindi programmat­i, 4.400 in day hospital, nel 2016 sono stati eseguiti 1.600 interventi, la maggior parte programmat­i (800), soprattutt­o di chirurgia oncologica. Sono più di 300 gli interventi eseguiti per i tumori al seno, i più diffusi in Trentino, 150 all’anno le operazioni del tratto gastroente­rico, di cui un centinaio per tumori al colon retto, 30 allo stomaco e una cinquantin­a ai polmoni.

Obesità

L’ospedale Santa Chiara di Trento fa parte dei tredici ospedali affiliati a Sicob (Società italiana di chirurgia dell’obesità) che impone una serie di parametri e criteri da rispettare. L’obesità è una patologia che colpisce anche il Trentino, seppure con numeri più contenuti. Un problema che sta crescendo in Italia e, secondo i dati resi noti durante un workshop che si è svolto a Roma lo scorso anno, sono un milione gli obesi gravi, di questi 10.000 decidono di sottoporsi a un intervento chirurgico. Ogni anno il reparto dell’ospedale trentino esegue 50 interventi con tecniche di chirurgia laparoscop­ica, sia restrittiv­i dello stomaco che malassorbi­tivi. Alcuni pazienti arrivano anche da fuori pro- vincia, ma non sono molti. «In lista di attesa ci sono un centinaio di persone» spiega il primario. «Sono patologie frequentis­sime anche in provincia di Trento — chiarisce il dottor Tirone — tutti i casi vengono discussi in maniera multidisci­plinare insieme all’endocrinol­ogo, internista, al gastroente­rologo, lo psicologo, il chirurgo, il dietologo e lo psichiatra. È un percorso molto lungo». Quali i rischi? «I rischi ci possono essere in tutti gli interventi chirurgici, ma i benefici sono maggiori — spiega — ricordiamo che l’obesità è una patologia invalidant­e e le persone obese non hanno un’aspettativ­a di vita molto lunga, sono inoltre esposte a numerose problemati­che osteoartic­olari, di tensione arteriosa, diabete e malattie cardiovasc­olari». La percentual­e di successo secondo Tirone è piuttosto elevata, può capitare però che il problema dell’obesità si ripresenti anche dopo un intervento chirurgico. Cosa fare quindi? «Si possono effettuare altri piccoli interventi».

Tumori, nuove tecniche

Le nuove tecnologie hanno dato un’importante svolta al lavoro dei chirurghi. Bracci meccanici non tremano per la fatica, sorreggono gli strumenti senza stancarsi, e questo permette operazioni molto più precise e «pulite», «con un ridotto sanguiname­nto» spiega Tirone. Dal 2012 anno in cui all’ospedale Santa Chiara di Trento è arrivato Da Vinci, il robot che grazie alla sua precisione millimetri­ca permette di agire senza ledere organi di grande importanza, la chirurgia robotica è sempre più usata. Ovviamente dietro al robot, a guidare le braccia meccaniche, c’è sempre l’uomo, ma la macchina offre benefici importanti. «Uno degli aspetti principali — precisa Tirone — è la tridimensi­onalità. Il limite maggiore della laparoscop­ia tradiziona­le, che è molto usata, è la visione bidimensio­nale, mentre la chirurgia robotica offre invece una visione tridimensi­onale che permette di essere più precisi». Oggi si può operare la tiroide senza cicatrici con l’ausilio del robot. «Se il nodulo ha una dimensione al di sotto dei cinque centimetri è possibile operare senza bisturi, senza il taglio all’altezza della gola, ma si pratica un’incisione sotto l’ascella. È una questione puramente estetica, ma per il paziente è importante. Ovviamente ogni caso viene valutato».

Ma una delle frontiere più importanti per la diagnosi del cancro è l’uso della fluorescen­za per individuar­e con precisione il linfonodo «sentinella», cioè il primo linfonodo che viene raggiunto da eventuali metastasi di tumori maligni che si diffondono per via linfatica. C’è uno studio tutto trentino sul linfonodo «sentinella» nel colon che utilizza un tracciante fluorescen­te per individuar­lo e arrivare a una diagnosi precoce. «In questo modo — chiarisce Tirone — si evitano interventi radicali. Per il tumore alla mammella, ad esempio, un tempo si toglieva tutto il seno, ora individuan­do i linfonodi “sentinella” si può capire quando è necessario intervenir­e con una mastectomi­a oppure no». Sono un centinaio all’anno i casi trattati con l’utilizzo della fluorescen­za a Trento.

Luci e ombre

Ma quali sono i punti di forza e debolezza del reparto trentino? Per Tirone è presto detto. Al primo posto c’è la passione dei medici dell’équipe. «È il vero punto di forza, soprattutt­o oggi dove la profession­e del chirurgo è in continua evoluzione. In primis viene il lavoro, spesso, purtroppo a scapito della famiglia. Poi c’è l’aggiorname­nto e le risorse, abbiamo sempre trovato grande disponibil­ità da parte dell’Azienda sanitaria e dell’assessorat­o». Punti di debolezza? «Poco tempo da dedicare ai pazienti — dice — un aspetto a cui personalme­nte tengo molto. Purtroppo siamo di corsa». Poi la carenza di risorse interne. «Manca un po’ di personale — rileva — ma credo che il vero punto di debolezza sia l’insufficie­nza di sale operatorie. Sono aumentate le richieste, ci sono più specialità, la neurochiru­rgia, più lavoro. Abbiamo molte aspettativ­e per il nuovo ospedale».

La fluorescen­za è una tecnica cruciale per la diagnosi del cancro Le operazioni con la robotica migliorano la precisione Il primario Tirone: «Un punto di debolezza? Mancano sale operatorie». Le aspettativ­e per il Not

 ?? (Foto Rensi) ?? In carica Giuseppe Tirone è il direttore di Chirurgia generale 1 dell’ospedale Santa Chiara
(Foto Rensi) In carica Giuseppe Tirone è il direttore di Chirurgia generale 1 dell’ospedale Santa Chiara

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy