UN SILENZIO ASSORDANTE
Ogni tanto qualcuno mi dice che Trento costituisce una positiva eccezione nel panorama italiano e che forse non ci rendiamo conto di quanto, nonostante tutto, il nostro piccolo mondo provinciale sia indenne dai molti vizi italiani. Se uno va un periodo all’estero si accorge che dell’Italia si parla pochissimo, nonostante la presenza di molti italiani eccellenti. L’Italia passa per un Paese poco rilevante, corrotto, ininfluente in Europa. Siamo ancora una volta ricacciati nella categoria del caos esotico. Irrecuperabili. I casi di corruzione in Francia non sono lontanamente paragonabili ai nostri, ma fanno sì che si parli di una «latinizzazione», cioè di un assottigliarsi del valore morale della politica, della perdita della sua funzione di modello positivo. Un’italianizzazione, insomma, anche se non sbracata, senza perdita di aplomb.
Ma c’è un aspetto più radicale dietro alla distanza tra cittadino e istituzioni rappresentative che osserviamo a livello internazionale e di cui l’Italia è semplicemente un caso più grave. Un politologo francese lo ha chiamato «Praf: plus rien à faire». È qualcosa che osservo ogni giorno parlando con i miei studenti o con ragazzi della loro età, anche qui a Trento, nella provincia felice ed efficiente, con un’ottima università cui forse va riconosciuto più di quanto non si faccia ora. Quel che sta cambiando è il passaggio dalla delusione nei confronti della politica, indice del decadere di un rapporto che resta comunque importante, al distacco totale, cioè alla fine della relazione tra cittadino e rappresentanza.
L’osservazione è sottile e penetrante: non è più nemmeno la rabbia la reazione più tipica nei confronti dei contorsionismi di una politica divenuta incomprensibile e di una sinistra incapace di pensiero lungimirante. La collera è il risultato di attese sollecitate e non soddisfatte, una risposta aggressiva rispetto a qualcosa cui si crede di avere diritto. Indica la sussistenza di una relazione alla quale si attribuisce valore. Quando la distanza, anziché rabbiosa, si fa silenziosa e rassegnata, qualcosa è radicalmente cambiato: viene meno di fatto la relazione stessa. La politica non interessa, le assurde divisioni della sinistra hanno semplicemente stufato, non fanno nemmeno più arrabbiare. Soprattutto ai ragazzi non importa più. Tale passaggio, se davvero è avvenuto, mi sembra l’aspetto più inquietante della crisi della democrazia. Davvero non c’è più niente da fare?