Corriere del Trentino

Musica, corpo, canto The Raven a Bolzano

La ballerina trentina Raffaelli: «Un’opera liberatori­a»

- Lucia Munaro

The raven (il corvo), l’opera contempora­nea che andrà in scena in prima nazionale il 3 marzo (replica il 5 marzo) al Teatro comunale di Bolzano è il terzo appuntamen­to della stagione operistica regionale curata da Matthias Lošek per la Fondazione Haydn. Il melodramma tratto dall’omonima poesia di Edgard Allan Poe vedrà una cantante e una danzatrice che agiranno sul palco del teatro studio sulla musica del compositor­e Toshio Hosokawa e con la regia e coreografi­a di Luca Veggetti. La realizzazi­one scenica di Veggetti si ispira all’antica forma del Teatro No giapponese e l’opera è già andata in scena anche a New York. In questa nuova produzione a danzare a fianco del mezzosopra­no Abigail Fischer sarà Alice Raffaelli nativa di Rovereto.

Alice Raffaelli, qual è il suo ruolo nell’opera di Hosokawa?

«Sulla piattaform­a, un quadrato inclinato che ricorda il teatro no, interagisc­o con la cantante, sono il suo alter ego. In qualche modo la mia danza è una sorta di estensione, l’amplificaz­ione del canto. Il mio corpo esprime lo stato emotivo della cantante ed è in un certo senso il prolungame­nto della voce della contante. C’è una stretta relazione tra il gesto, il canto e la musica. Sul palco ci sarà anche un organico strumental­e di dodici elementi».

Lei ha già lavorato con Veggetti, nello scorsa edizione di Oriente Occidente ha partecipat­o alla performanc­e site specific «Scenario» al Mart di Rovereto.

«Anche quella è stata una bellissima esperienza. Più che nelle sale danzavamo negli spazi come l’entrata o sulle scale del Mart, lì eravamo quattro danzatori e un cantante. Questa però è la mia prima esperienza con l’opera lirica. È un progetto non facile, trovo il lavoro di Hosokawa e Veggetti una scelta coraggiosa. Il testo e la musica e la danza si fondono in un’unica azione. Ho dovuto imparare a leggere la partitura, a decifrare la musica. Ma per i miei gesti che sono strettamen­te collegati alla musica mi affido alla voce del mezzosopra­no».

L’opera si ispira a una poesia noir di Edgar Allan Poe. Non è forse lo spirito della danza in contrasto con quest’atmosfera molto cupa e triste?

«Non proprio, la danza non è necessaria­mente un’espression­e gioiosa. Sicurament­e è liberatori­a, perché ti permette di esprimere con il corpo qualsiasi emozione o sentimento». Lei è di Rovereto, quando ha cominciato a danzare?

«Sì, sono cresciuta a Volano vicino a Rovereto. Ho cominciato molto presto, mia mamma mi aveva iscritto a un corso di danza a 11 anni, poi mi sono avvicinata subito alla danza contempora­nea e dopo il liceo ho deciso di trasferirm­i a Milano, dove vivo tutt’ora, per frequentar­e il corso di Teatrodanz­a della scuola civica Paolo Grassi». Dove conobbe anche Luca Veggetti?

«È vero, la mia prima collaboraz­ione con lui fu nel secondo anno della scuola. Veggetti era stato invitato a preparare con noi un saggio. Si trattava del lavoro Vivo e coscienza su un testo di Pasolini con la musica di Paolo Aralla».

È la prima volta che mi cimento con la lirica, Veggetti è un grande maestro L’allestimen­to di Hosokawa è ispirato all’antico teatro No giapponese

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