Riforma anziani, una nuova proposta «Fusioni solo sotto i 100 posti letto»
Upipa, il piano delle case di riposo più grandi. Le minori sono l’80% del totale
TRENTO E se a doversi fondere fossero solo le case di risposo con meno di 100 posti letto? È questo il cuore della controproposta che alcuni presidenti di Rsa vorrebbero presentare all’assessore Luca Zeni e che oggi sarà oggetto della discussione all’interno dell’assemblea dell’Upipa. La nuova ipotesi è stata elaborata dai vertici delle Rsa più strutturate, ma tutto lascia pensare che non incontrerà il favore dei «piccoli», che sono l’80% del totale.
L’incontro di oggi si preannuncia molto importante per il futuro delle case di risposo trentine. Come noto, l’assessore Luca Zeni ha presentato una riforma che prevede, in estrema sintesi, la fusione di tutte le Apsp (le aziende che gestiscono le case di risposo) di ogni Comunità di valle, la conseguente nascita di 16 Agenzie per l’anziano incardinate nelle Comunità, che gestiranno l’intero budget coordinando in maniera unitaria politiche sanitarie e assistenziali. Una piccola rivoluzione per un settore che mediamente offre un servizio di alto livello ma che, fino ad oggi, si è sviluppato più seguendo le logiche dello spontaneismo che dell’omogeneità del servizio e della razionalizzazione della spesa.
Ritagliati sulle dimensioni tra loro anche assai diverse delle Comunità, gli accorpamenti prospettati dall’assessore ne seguirebbero il destino. In altre parole, nelle Comunità maggiori (e nel territorio di Trento) ogni Agenzia per l’anziano gestirebbe centinaia e centinaia di posti letto, mentre nelle Comunità più piccole i numeri resterebbero assai più ridotti.
Di qui la contro-proposta elaborata tra gli altri da Renzo Dori (Povo) e Dino Leonesi (Beato de Tschiderer), che cerca di recepire l’impostazione generale della riforma prospettata dalla giunta provinciale e al contempo di «salvare» l’autonomia delle Apsp maggiori, circa il 20% del totale. Si tratterebbe di una «terza via» alternativa alle barricate prospettate da una parte degli associati Upipa, studiata perché la giunta la possa accettare.
L’obiettivo principale è non avere case di riposo con meno di 100-120 posti letto, considerato il minimo funzionale per offrire un servizio di alto livello a costi accettabili, con un budget annuo di circa 6-7 milioni di euro. La riforma non vedrebbe partecipare alle fusioni le realtà maggiori, quelle che normalmente gestiscono anche centri diurni e altre attività come alloggi protetti, case di soggiorno e centri servizi. In questo caso, secondo i proponenti, gli accorpamenti sarebbe controproducenti perché produrrebbero realtà troppo grandi e aumenterebbero lo squilibrio già esistente tra i diversi territori.
L’attuazione di questo secondo modello, che prevederebbe una grande gradualità negli accorpamenti e nella riorganizzazione del personale dirigenziale delle singole rsa, dovrebbe avvenire attraverso una legge specifica. Non, quindi, attraverso semplici delibere di giunta e un’adeguamento normativo volto solo a consentire il trasferimento dei budget alle Comunità di valle. La nuova legge, infatti, dovrebbe definire anche il nuovo modello di welfare all’interno del quale la riforma troverà corpo.
Nei giorni scorsi, il testo è circolato tra i presidenti e non ha ottenuto un consenso corale. Chi nelle nuova proposta non vede modificata, o solo di poco, la propria condizione, contesta il fatto che l’impianto della riforma voluta da Zeni e dalla giunta resterebbe di fatto immutato.